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editor Fabio Bonacina

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Un libro e la mostra (ancora aperta fino al giorno 20) nei quali il sistema postale rappresenta un importante strumento per conoscere e capire

Federico Sancimino
Federico Sancimino

Professione finanziere. Ma quasi detective, almeno nel tempo libero. Tanto che il suo interesse nel rintracciare i combattenti del Primo conflitto mondiale ha generato il libro “Guida alle ricerche dei soldati italiani nella Grande guerra”, edito da Stampa e storia lgd (160 pagine, illustrato a colori e in bianco e nero, 15,00 euro). Senza dimenticare la mostra intitolata “La Grande guerra sulla carta”, ospitata fino al 20 novembre presso la biblioteca di Fogliano Redipuglia (Gorizia).

È Federico Sancimino, nato nel 1978 a Pisa. Dopo il diploma, ha prestato il servizio militare nella Guardia di finanza, rimanendovi. In servizio a Trieste dal 1999, nel 2004 è stato trasferito nel Goriziano.

Perché tale passione? “L’interesse per la storia -risponde in questa intervista a «Vaccari news»- è cresciuto vivendo nel ricco contesto culturale pisano, ma la svolta verso la Grande guerra è stata indotta dal trasferimento nel territorio isontino. Così ho approfondito le vicende dei luoghi dove mi trovo e cerco di rispondere alla curiosità che, fin da piccolo, ha suscitato in me la foto del mio bisnonno in grigioverde, unico ricordo tangibile che mi lega a lui. Dopo averne ricostruito il calvario bellico, suo e dei suoi fratelli, sentivo la necessità di condividere le informazioni raccolte. Recependo il suggerimento del forum ideato dall’Associazione storica cimeetrincee, sodalizio cui, giocoforza, mi ero avvicinato per la competenza in materia”.

Ecco quindi l’iniziativa editoriale e poi la mostra… “Con esse ho cercato la duplice, ma parallela, finalità di presentare il soldato italiano attraverso le scritture di trincea, i documenti, i diplomi e le medaglie, e allo stesso tempo di dare forma alle ricerche che la guida consiglia, proponendo la documentazione originale dell’epoca”.

È collezionista? “A livello storico e nell’accezione più comune non direi, anche se gli atti proposti nell’allestimento possono essere visti, alla fine, come una collezione trasversale, destinata a visualizzare i risultati della ricerca. Non faccio follie per i documenti, non avendo come fine il mero possesso. Casomai, rivolgo la mia attenzione alle informazioni non scritte che un incartamento militare ci può fornire, consentendo un’interpretazione più ampia, mirata al contesto sociale e geografico del soldato”.

Volume ed esposizione richiamano la corrispondenza; nel suo approccio, come si inserisce il servizio postale? “La ricerca dei soldati segue un suo percorso storico, che va dalla mobilitazione fino al dopoguerra. Una parte cui rivolgo molta attenzione, per la ricchezza e l’originalità dei contenuti, è la comunicazione da e per il fronte. Comunicazione che naturalmente si appoggiava sul servizio postale sia militare che civile, e soprattutto aveva molteplici mittenti e destinatari. Oltre i soldati stessi e le autorità militari, ricordo i sindaci e la componente religiosa (parroci e persino vescovi): fungevano da intercessori tra una comunità per lo più rurale e la burocrazia in grigioverde. Oggi è sempre più raro poter leggere le memorie personali dei soldati, quindi anche la mia pubblicazione vuol risvegliare la memoria storica delle famiglie, che magari ancora conservano quel materiale. Così come cerco di indirizzare le ricerche negli archivi storici comunali o religiosi: offrono un ricco patrimonio documentario che ruota intorno alla comunità di provenienza del soldato, e nei quali si può celare corrispondenza dell’epoca”.

Diciamo pure che i documenti ufficiali siano veritieri. Ma possiamo attenderci lo stesso grado di attendibilità anche dalle lettere? “Le lettere nascevano dall’esigenza di mantenere un contatto diretto tra il soldato e la famiglia, cercare di vivere ancora gli affetti dei propri cari attraverso un foglio di carta. Oltre alla censura militare che vietava espressamente certi contenuti, il soldato cercò di tranquillizzare i familiari celando talvolta la reale situazione di pericolo. Inoltre, bisogna ricordare che molti soldati erano analfabeti e quindi dovevano farsi scrivere le lettere da altri; così si rivolgevano al cappellano o al sottotenente. Non potendo esprimere liberamente i propri pensieri, anche di natura sentimentale, finivano per attuare una preventiva autocensura. Tale situazione si alleggeriva quando le missive venivano dettate ad un commilitone, con il quale si condivideva la trincea giorno e notte, e quindi anche le notizie personali. Possiamo affermare che una singola lettera non ci può dare la misura della veridicità dei contenuti, cosa che un epistolario più completo riesce a fare”.

Lei sta trascrivendo un epistolario di guerra; in che misura le missive permettono di condividere la memoria e la verità storica? “L’importanza per la memoria e la verità storica delle famiglie e delle comunità emerge con tutta la sua forza dal contenuto delle lettere. Affiora l’aspetto sentimentale e sociale che ruota attorno al soldato; dettato dalle proprie aspettative e dagli eventi. All’inizio pensa ad una guerra veloce, ci sono forze fresche, la costante religiosità, i richiami al paese natìo, i soprannomi dei commilitoni, l’esigenza di beni primari per combattere il freddo, l’amore per la figlia di pochi mesi, la tutela degli interessi di famiglia come l’acquisto di una nuova casa discusso a distanza con la moglie. Poi, la guerra di posizione fa venire meno tali certezze, si fa avanti la debolezza, comincia a vacillare la fede in Dio, si criticano la falsa propaganda dei giornali e le parole ottimistiche del sindaco. Tutte queste considerazioni, scritte in modo sgrammaticato ma diretto, sono il reale volto della guerra vissuta dai nostri nonni, che meritano il ricordo dei loro nipoti per il sacrificio che hanno compiuto”.

Una teca dell'allestimento e uno dei telegrammi proposti, riguardante la richiesta di informazioni su un prigioniero (archivio Federico Sancimino)
Una teca dell'allestimento e uno dei telegrammi proposti, riguardante la richiesta di informazioni su un prigioniero (archivio Federico Sancimino)



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