“I giorni di pioggia, gli albergatori rapaci, i vetturini menzogneri, i pranzi immangiabili, i letti che mandavano via il sonno... tutte queste ombre del quadro non servono che a porre le luci del viaggio in maggiore evidenza e sulla meridiana della memoria restano soltanto le ore del sole”. Così si esprimeva George Stillman Hillard in “Six months in Italy”, risalente al 1853.
L’esperienza vissuta e raccontata dall’avvocato e scrittore statunitense è stata scelta da Riccardo Ajolfi per introdurre la conferenza, voluta dal Fondo ambiente italiano, che questa sera alle 18 terrà a Domodossola (Verbano-Cusio-Ossola). Intitolata “I viaggi in diligenza tra l’Ossola e il Vallese durante il periodo risorgimentale”, è ad ingresso libero e verrà ospitata presso il Collegio Rosmini, in via Rosmini 24.
“La storia della strada del Sempione durante il XIX secolo -anticipa l’esperto a «Vaccari news»- si identifica in parte con la diligenza svizzera, uno dei suoi simboli. Lungo il percorso, la vettura incontrava delle stazioni, dette «di posta» e collocate in punti strategici, dove i corrieri e i viaggiatori ricevevano ristoro, assistenza, se necessario un letto ed il cambio dei cavalli per proseguire velocemente”.
Ed è qui il rapporto con il settore, perché “le due funzioni, di posta dei cavalli e posta-lettere, nell’Ottocento si integravano funzionalmente. Un altro aspetto interessante -prosegue Riccardo Ajolfi- è dato dallo sviluppo tecnico: con il 1849 il comfort delle vetture era progressivamente migliorato ed al pesante carrozzone, poco spazioso, succedettero veicoli a nove o dieci posti. Uno era fuori di fianco ai postiglioni, e chi si sedeva lì poteva essere incaricato di agire sul freno”.
Quali erano i tempi di percorso? “Le guide parlano chiaro: da Ginevra a Milano lungo il Sempione, ad esempio nel 1822, la strada era lunga 52 poste e ¼, questa un’unità di misura che indicava la distanza ideale da una stazione di cavalli all’altra e in Piemonte corrispondeva a circa 8 chilometri. L’itinerario, che passava da Évian, Sion, Domodossola, Sesto Calende e Rho, toccava circa venticinque stazioni e poteva essere coperto in 22 ore e 50 minuti”.
“George Stillman Hillard non è che una fonte. Libri, diari e lettere di numerosi autori, famosi o meno, raccontano le difficoltà del viaggiare e dell’impiegare strutture in certi casi ritenute poco confortevoli, sporche o care, i disagi patiti in inverno, i pericoli di brutti incontri, le pastoie burocratiche alla dogana, ma anche lo stupore davanti ad un ponte maestoso che permetteva di oltrepassare un fiume o un dirupo”.
Quali altre testimonianze rimangono oggi? “Beh, naturalmente vanno citate le guide postali, le carte… E poi ci sono le targhe stradali rimaste, veri e propri testimoni di pietra. Ma anche alcuni degli edifici di un tempo possono essere individuati nell’attuale tessuto edilizio, a cominciare proprio da quello di Domodossola, situato nella piazza ora intitolata a Pellegrino Tibaldi, inconfondibile per le sue due torrette. Certo, andrebbero valorizzati meglio, e non è un caso se la mia presentazione è stata inserita nell’ambito delle iniziative firmate dal Fai”.