Avrà un seguito l’inconsueta avventura del “Pentcho”, e a riprenderla sarà Mario Rende dell’Università di Perugia. Non a caso, al suo attivo ha anche il saggio “Ferramonti di Tarsia. Voci da un campo di concentramento fascista”, edito tre anni fa da Mursia.
“Ho incontrato alcuni sopravvissuti”, conferma il professore a “Vaccari news”. “Il 15 febbraio sarò in Israele perché quel giorno loro e i discendenti si troveranno a Netanya attorno al monumento che ricorda la nave. L’obiettivo non è solo commemorare: si vogliono individuare gli eredi dell’equipaggio del «Camogli» che li salvò. Vorrebbero fare una cerimonia insieme, così da sottolineare l’eroismo dei padri”.
La vicenda risale al giugno del 1940 ed è citata anche da Gianfranco Moscati, per esempio nel libro “Documenti e immagini dalla persecuzione alla Shoah”. Al riguardo, il collezionista propone diversi materiali: alcuni sono invii postali diretti all’imbarcazione o comunque riferiti all’episodio.
Il “Pentcho” era una vecchia barca fluviale che, partendo da Bratislava, doveva portare fino in Palestina 520 giovani ebrei per salvarli dallo sterminio. Con molta fortuna, riuscì a percorrere l’intero Danubio, ma poi, essendo una vera “carretta del mare”, in ottobre naufragò nell’Egeo. I suoi profughi ripararono su un’isola deserta e priva di vegetazione, senza alcuna possibilità di sopravvivere a lungo. “Furono avvistati da una nave del Regno Unito, ma chi era a bordo preferì non intervenire, perché la zona era minata. Un aereo italiano li notò ed avvisò il comando. In loro soccorso giunse appunto la motonave militare «Camogli», comandata dal capitano Carlo Orlandi. Una figura ben diversa da quella, qualche giorno fa giunta alla ribalta, di Francesco Schettino, della «Concordia»!”.
“Orlandi e i suoi uomini superarono l’area pericolosa, recuperarono i superstiti portandoli a Rodi. Salvarono tutte le persone a rischio della loro stessa vita. Da Rodi, furono condotti a Ferramonti dove ebbero salva la pelle. Il comandante Orlandi, invece, non ebbe una buona sorte: a causa del suo gesto fu arrestato dai tedeschi e portato in un campo di concentramento in Germania, dove rimase fino alla fine della guerra. Per quello che ha fatto, avrebbe sicuramente il diritto di essere conosciuto e riconosciuto come «giusto fra le nazioni»”.