Prosegue il tour dei lavori firmati da Alighiero Boetti (1940-1994), e questa volta è toccato al Moma di New York. Dove la rassegna ha preso il nome “Alighiero Boetti: game plan” e potrà essere raggiunta fino all’1 ottobre.
È la più grande personale che gli Stati Uniti gli hanno mai dedicato, precisano gli organizzatori. Una vera retrospettiva che, attraverso un centinaio di opere, copre l’intera carriera ed è in grado di celebrare la variabilità dei materiali impiegati, la complessità concettuale e la bellezza visiva della sua attività. Nel dimostrare che fu uno fra i più importanti ed influenti artisti internazionali della sua generazione, il percorso si concentra su alcune tematiche chiave, illustrando l’interesse di Boetti nell’esplorare motivi ricorrenti invece di effettuare uno sviluppo lineare.
I promotori ricordano pure l’avvio della sua carriera, registrato nel capoluogo piemontese durante i primi anni Sessanta in una comunità che coinvolgeva, ad esempio, Luciano Fabro, Mario Merz, Giulio Paolini e Michelangelo Pistoletto; è in tale contesto che divenne fra i leader dell’Arte povera. Anche se la mostra, impostata cronologicamente, va oltre questa fase, richiamando altri aspetti caratteristici, come la dualità e la molteplicità, l’ordine e il disordine, il viaggio e la geografia. Non trascurando, insieme alle tanto famose mappe, ad esempio, “Lavoro postale (permutazione)”, del 1970, dove viene sottolineato il variare di un’affrancatura composta da tre esemplari della “Siracusana”, il 50, il 70 ed il 90 lire; “Viaggi postali”, risalente al 1969-1970, che testimonia quando l’autore cominciò ad inviare ad amici, familiari e colleghi buste usando indirizzi immaginari per creare fantastici tragitti di persone che ammirava; “La mole Antonelliana”, del 1970-1975, in cui lo stesso soggetto rappresentato in sette cartoline diverse è spedito da altrettanti quanto improbabili luoghi.