“È finalmente scoppiata la generale protesta nei confronti di Poste”. Questo è il commento, da Pesaro, del direttore provinciale di Confcommercio Amerigo Varotti, che continua: “Finalmente, dico. Perché sono almeno due anni che la Confcommercio ha lanciato l’allarme pubblicamente”. Allarme che riguarda l’atteggiamento definito “arrogante” di Poste italiane, i disservizi, le chiusure di uffici o la riduzione negli orari di apertura. “Abbiamo scritto a tutti, amministrazioni e politici e all’amministratore di Poste… Massimo Sarmi, un signore che nell’epoca della spending review percepisce uno stipendio annuale di 1,4 milioni di euro. Ma nessuno si è mosso. Oggi finalmente la protesta dilaga e speriamo che porti a qualche risultato”.
“Il sottoscritto e il compianto presidente Pedinotti protestammo per il servizio di ritiro raccomandate a Fano e Pesaro, per le chiusure e riduzioni di orari in molti uffici e per la trasformazione degli stessi (vedi Pesaro) in bazar commerciali dove si vende di tutto, dai libri ai computer, dai dischi alla cancelleria e oggettistica, svolgendo concorrenza sleale alle imprese, peggiorando nel contempo l’erogazione dei tradizionali servizi postali. Oggi si parla di chiudere 15 uffici nel Pesarese, 14 a Macerata, 3 nel Fermano, 8 nell’Ascolano, 21 a Ancona. È inaccettabile! Soprattutto per i centri minori dell’entroterra il danno per i cittadini e i pensionati sarà enorme”.
Quanto alle aziende, “avranno più problemi, maggiori costi e tempi più lunghi per ottenere servizi a volte essenziali. Consideriamo improponibile questa razionalizzazione che penalizza fortemente i territori i cittadini e le imprese”. Poste italiane “non è una società privata (anche se stranamente iscritta a Confindustria di cui è il principale contribuente associativo). È di proprietà al 100% del ministero del Tesoro; è soggetto monopolista. Non può venire meno alla sua missione di ente erogatore di servizi di base. E invece nel silenzio della politica continua una programmazione tesa solo a salvaguardare ambiti e servizi più redditizi (bancoposta, investimenti, finanziamenti…), raggiungere utili da 800 milioni di euro come nel 2011 rinunciando nel contempo a garantire i servizi minimi e i territori più marginali. Ritengo, per i danni enormi che tale azione creerà alle imprese sul territorio, che anche la Camera di commercio -di cui sono vicepresidente- dovrà farsi carico di organizzare una manifestazione di protesta con tutti i sindaci, i consiglieri regionali e i parlamentari”.