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A sottoscrivere il documento, che muove dalla situazione toscana ed ampia lo sguardo all’intero Paese, sono stati diciannove rappresentanti del Pd

Alla Camera il piano di riorganizzazione di Poste
Alla Camera il piano di riorganizzazione di Poste

Diciannove deputati, tutti del Pd, per 175 uffici postali della Toscana. È la nuova tappa della protesta che sta coinvolgendo le istituzioni locali, ma non solo, contro il programma di razionalizzazione sottoscritto da Poste italiane. In alcuni contesti esso viene presentato come sostanzialmente definitivo, e in altri come lista informativa ad uso dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Contribuendo ad accrescere la confusione che si è creata.

Il documento è stato destinato come interpellanza urgente ai ministri dello Sviluppo economico, Corrado Passera, nonché del Lavoro e delle politiche sociali, Elsa Fornero.

La partenza è il piano di ristrutturazione organizzativa del servizio, rivelato la scorsa primavera dall’azienda, che -si legge nel testo parlamentare- “prevede una diversa distribuzione sul territorio dei portalettere con rilevanti effetti negativi sull’occupazione e sulla regolarità del servizio, compromettendo una delle funzioni proprie della società Poste e il concetto stesso del servizio universale per il quale lo Stato riconosce i relativi contributi proprio per assicurare la capillarità e la qualità del recapito”.

Secondo i sindacati “il piano determinerà il licenziamento di 1.765 lavoratori nel 2012 nelle sole regioni del Piemonte, dell’Emilia-Romagna, delle Marche, della Toscana e della Basilicata, mentre con l’estensione del provvedimento a tutto il territorio nazionale nel 2013, la perdita di posti di lavoro sarà dell’ordine di 10-12.000 unità con la chiusura di circa 2.000 uffici postali e una riduzione del 50 per cento degli appalti”. La prevista riorganizzazione -che si somma alle altre intraprese dal 2006- “è stata annunciata nonostante i risultati di bilancio 2011 siano positivi, con 846 milioni di utili e un risultato operativo pari a 1 miliardo a 641 milioni: per redditività la società Poste italiane si colloca, infatti, di gran lunga al primo posto al mondo rispetto ai principali operatori internazionali”.

Tale piano “non prevede alcun futuro per il recapito postale e non attribuisce nemmeno un ruolo strategico al settore della logistica cogliendone le numerose opportunità offerte dal mercato in espansione e che la configurano come nuova fattispecie di «un moderno recapito»”. E c’è dell’altro, perché il progetto “non sembra tener conto nemmeno delle evidenti carenze e inefficienze che il servizio di recapito già presenta in alcune realtà territoriali; così come non sembra tener conto di alcuni recenti investimenti, come nel caso del centro meccanico di smistamento di Ospedaletto di Pisa, inaugurato nell’aprile 2010, per il quale sono stati spesi diversi milioni di euro per apparecchiature che fanno di questo impianto per livelli di produttività ed efficienza, secondo parametri aziendali, il secondo in Italia, interventi che verrebbero vanificati con il trasferimento delle attività a Firenze”.

Gli effetti negativi del processo -aggiungono gli onorevoli- “sono ormai evidenti in intere porzioni di territorio nazionale”, dove la società ha provveduto, nel tempo, a chiudere gli uffici, a ridurre gli orari (in particolare nelle aree geograficamente più svantaggiate) e infine a sospendere il recapito ordinario al sabato. Sapendo che “le segnalazioni dei disservizi postali sono oramai diffuse”: vengono non solo dai comuni piccoli, ovvero quelli che storicamente sono i più difficili da servire, ma seri disagi sono segnalati in aree maggiori e in città capoluogo.

Dall’articolata premessa, i quesiti: quali sono gli orientamenti del Governo in merito e se tale piano è considerato compatibile con gli obiettivi del contratto di programma e con il principio dell’universalità del servizio; come i ministri interpellati intendano intervenire; quali iniziative ritengano di assumere al fine di consentire un confronto con le parti sociali.




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