“Il settore postale non può dirsi, allo stato, totalmente liberalizzato e sarebbero necessari interventi normativi ulteriori per garantire uno sviluppo concorrenziale del mercato e l’affermarsi di operatori realmente competitivi rispetto all’incumbent, su tutti i livelli della filiera”.
A dirlo, è stata oggi l’Autorità garante della concorrenza e del mercato nella segnalazione volta a contribuire alla prossima legge annuale di settore, segnalazione inviata ai presidenti di Senato, Camera, Consiglio dei ministri nonché al titolare del dicastero a Sviluppo economico, infrastrutture e trasporti. Più che a dirlo, a ripeterlo, visto che la maggior parte dei concetti vennero espressi nella precedente relazione, resa nota a gennaio e riguardante la procedura 2012.
Tre, in sintesi, i suggerimenti indicati dal presidente della Agcm, Giovanni Pitruzzella: 1) prevedere l’obbligo, in capo a Poste italiane, di predisporre tariffe all’ingrosso per l’accesso ai vari segmenti dei servizi ora integrati nella sua infrastruttura; 2) rimuovere la riserva per gli invii raccomandati relativi alle procedure giudiziarie ed ai servizi di notificazioni a mezzo posta; 3) ridefinire l’ambito del servizio universale, limitandolo esclusivamente a quelle prestazioni essenziali “che l’utente non sarebbe altrimenti in grado di acquistare a titolo individuale”. In ogni caso, l’affidamento del servizio universale deve essere di più breve durata (ora è di quindici anni) e “deve avvenire attraverso lo svolgimento di procedure trasparenti e non discriminatorie” (nel passaggio all’ultima fase della liberalizzazione, non è stato fatto alcuna vaglio).
Quanto al Bancoposta, l’indicazione è separarlo dalle attività postali tradizionali “per aumentare il grado di concorrenza nel settore bancario e garantire maggior trasparenza nel settore postale”. Secondo il Garante, “attraverso una chiara collocazione delle risorse tra le due attività si eviterebbero i rischi di sussidi incrociati e di offerte economiche non replicabili perché basate su non chiare attribuzioni di costi comuni, creando altresì un contesto concorrenziale più ampio”.