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editor Fabio Bonacina

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Le domande sollevate dall’onorevole Silvia Velo e le risposte del viceministro Antonio Catricalà. Anche l’impianto di Lamezia Terme “degradato”

Il calo dei flussi induce l’operatore a ridimensionare
Il calo dei flussi induce l’operatore a ridimensionare

Si fa notare già nei tempi (inconsueti per il mondo parlamentare odierno) l’interrogazione a risposta in commissione che l’onorevole del Partito democratico Silvia Velo, quale prima firmataria, ha presentato il 5 giugno e di cui il 19 ha ricevuto la replica da parte del viceministro allo Sviluppo economico Antonio Catricalà.

Riguarda un sito di Poste italiane colpito dalla ristrutturazione, quello di Ospedaletto, nel territorio di Pisa. Inaugurato durante l’aprile 2010 -si legge nel documento sottoscritto dalla deputata- “è uno dei più moderni ed avanzati del Paese, grazie ai significativi investimenti di diversi milioni di euro per le apparecchiature installate che lo rendono il secondo impianto in Italia per produttività ed efficienza”. Nonostante ciò, già nello scorso anno, l’operatore ne ha annunciata la chiusura, “decisione che dovrebbe perfezionarsi entro il prossimo settembre”, per trasferire le relative attività a Firenze. Se al momento “sembrano scongiurate le ricadute più pesanti e immediate sul piano occupazionale, grazie alla trattativa avviata dalle organizzazioni sindacali, quello che non sembra chiarito è il tipo di servizio che si ritiene di voler assicurare agli utenti dell’area di Pisa e di tutta la fascia costiera toscana, stante i problemi logistici connessi alla decisione di spostare la lavorazione”.

Il rappresentante del Governo -citando dati provenienti dalla società guidata da Massimo Sarmi- ha rammentato l’accordo, al cui interno è stato deciso il futuro della struttura, definito il 28 febbraio tra la medesima azienda ed i sindacati. Per quanto riguarda il territorio di Pisa, gli interventi previsti comportano la trasformazione del centro di meccanizzazione postale in centro prioritario ed il relativo trasferimento di alcune attività di smistamento presso altri nodi della rete. Continuerà a lavorare i prodotti provenienti dal territorio nazionale per i quali è necessario garantire la consegna entro il giorno successivo (ad esempio, posta prioritaria, “raccomandata 1”, assicurata). Inoltre, assicurerà i collegamenti logistici per l’area di competenza. La riorganizzazione -è la sottolineatura- “non comporterà alcun licenziamento”. Da parte sua, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni provvederà ad interloquire con Poste per verificare quali siano gli effetti che la chiusura del Cmp può provocare sull’organizzazione del recapito. All’esito di tali contatti, lo stesso Garante valuterà le misure da adottare.

Un problema simile tocca anche San Pietro Lametino, frazione di Lamezia Terme (Catanzaro). “Una realtà a servizio dell’intera regione e con un suo indotto di dipendenti”, ha scritto “Il lametino”. Da maggio il corriere non è più lavorato localmente ma spedito al Cmp di Bari e da qui, una volta suddiviso, eventualmente torna per la distribuzione. La struttura -dice lo stesso giornale- fu costruita nel 1984, con una spesa di circa 64 miliardi di vecchie lire, cui occorre aggiungere altre uscite, registrate a metà degli anni 2000 e nel 2007 per 26 milioni di euro.




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