È previsto che Poste italiane spa “garantisca la sottoscrizione di complessivi euro 75 milioni dell’aumento capitale rimasti eventualmente inoptati”. Cui si aggiungono Intesa Sanpaolo spa e Unicredit spa, a loro volta impegnate sino ad un massimo di altri 100.
Così si è espressa l’assemblea dei soci Alitalia. Su suggerimento del consiglio di amministrazione, ha deliberato all’unanimità un aumento di capitale per non più di 300 milioni, da offrire in opzione agli stessi soci, proporzionalmente alla quota di capitale posseduta. Avranno trenta giorni di tempo, a partire dal 16 ottobre, per sottoscrivere le nuove azioni. A coloro che avranno assorbito tutte quelle di spettanza, “verrà concesso un ulteriore breve periodo di tempo, che verrà stabilito da un apposito cda, per sottoscrivere eventuali azioni rimaste inoptate”.
I consiglieri, “in previsione del possibile mutamento degli assetti proprietari”, hanno manifestato inoltre l’intenzione di rassegnare le loro irrevocabili dimissioni; la scelta diverrà operativa alla data dell’assemblea che sarà convocata subito dopo l’esecuzione dell’aumento di capitale.
Intanto, non mancano le polemiche sull’intervento guidato da Massimo Sarmi, oggi non a caso recatosi a Parigi per confrontarsi con i vertici di Air France. Ad esempio, la British airways ha sollecitato Bruxelles affinché intervenga per quello che reputa essere un aiuto di Stato. Senza contare il Codacons, timoroso che l’intervento di Poste si tramuti in un nuovo carico sui clienti.
L’operatore, però, dice che le risorse finanziarie per l’investimento “saranno reperite esclusivamente dalla liquidità disponibile”, cioè dai ricavi delle attività industriali e di servizio del gruppo, ossia prestazioni postali, telefoniche e digitali. “Non può invece essere utilizzata alcuna risorsa” proveniente da conti correnti postali, buoni e libretti.
Se -come pare- la procedura venisse ultimata, si concretizzerebbe un obiettivo che il gruppo si era dato perlomeno dal 2008.