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editor Fabio Bonacina

27239 news from 8/3/2003

E per questo avvisava la propria cuoca di tenerli pronti a qualsiasi ora del giorno e della notte. È una delle testimonianze scritte proposte a Bologna

Fino al 19 novembre a palazzo Saraceni
Fino al 19 novembre a palazzo Saraceni

“Molto cara Albina, mi duole di darti un gran dolore. Ma io ho una improvvisa passione per i can-nel-lo-ni. Bisogna che tu abbia cannelloni pronti in ogni ora del giorno e della notte. Cannelloni! Cannelloni! Grazie!”.

Non è esattamente una missiva classica spedita per posta, ma sempre comunicazione è. Oggi si attaccherebbero al frigorifero con un magnete o si appunterebbero attraverso un post-it. All’epoca, e stiamo parlando dell’aprile del 1934, anche per tale tipo di informazioni si usavano modalità e supporti più formali. Non è un caso se a redigere questo ed altri testi simili sia stato Gabriele D’Annunzio, all’epoca già in là con gli anni. Destinataria, la sua cuoca, Albina Becevello.

I reperti sono presenti alla mostra “D’Annunzio a Bologna - E séguito a vivere, studiosamente voluttuosamente…”, curata dal presidente della Fondazione “Il Vittoriale degli italiani”, Giordano Bruno Guerri. Resterà aperta fino al 19 novembre presso palazzo Saraceni, in via Farini 15.

Nella città felsinea il “Vate” ebbe tra l’altro la sua “iniziazione”: giovanissimo, durante una sosta in compagnia del padre, vide nella vetrina della libreria Zanichelli (oggi della Coop) il volume “Odi barbare” di Carducci. L’impressione che ricavò dalla lettura fu enorme, al punto che elesse l’autore maestro di poesia e di etica.

Naturalmente, nelle teche vi sono anche corrispondenze più convenzionali, fra cui la testimonianza autografa attraverso la quale celebrava la dolcezza del “liquore delle virtudi”, prestata per l’occasione da Montenegro. Le altre provengono dal suo archivio personale e da alcune collezioni. Una, manoscritta, gli fu inoltrata da Giovanni Pascoli il 20 luglio 1903; altre lo videro come mittente, spedite, ad esempio, alla pianista Luisa Baccara il 7 marzo 1920 ed allo scultore Arrigo Minerbi il 12 luglio 1935. Tra i materiali, pure la minuta di un telegramma redatto a penna e senza data, destinato all’imprenditrice Marta Palmer. Oltre ad immagini fotografiche, edizioni rare e alcuni significativi cimeli.

Due delle comunicazioni che il “Vate” diresse alla cuoca, Albina Becevello
Due delle comunicazioni che il “Vate” diresse alla cuoca, Albina Becevello



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