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editor Fabio Bonacina

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Ventitré lettere tratteggiano il rapporto fra il poeta-soldato ed il suo vice nella squadra aerea “San Marco”. L’obiettivo: esporle per il centenario della Grande guerra

La foto del poeta-soldato con la dedica a Giacomo Macchi
La foto del poeta-soldato con la dedica a Giacomo Macchi

“Di una «fraternità militante», come si evince dalle lettere”. Così Vittorio Pasqualotto, carte alla mano, definisce il rapporto tra il capitano Giacomo (Giacometto) Macchi e Gabriele D’Annunzio. Macchi fu il suo vice nella squadra aerea “San Marco”.

Nato a Gallarate (Varese) l’11 luglio 1886 da un’antica famiglia del luogo, dimostra fin da giovanissimo una spiccata sensibilità e vasti interessi culturali che lo avvicinano al movimento dei Futuristi, divenendo amico di Filippo Tommaso Marinetti, Antonio Sant’Elia, Ardengo Soffici, Umberto Boccioni, Carlo Carrà e Guido Keller. Convinto interventista, parte volontario come bersagliere con destinazione il Carso, dove si distingue in pericolose azioni, venendo ferito. Nel 1916 diventa ufficiale di fanteria; a ruota chiede di essere arruolato nella nascente Aviazione e viene assegnato alla 25ª Squadriglia bombardieri come ufficiale osservatore. “Comincia così -prosegue il racconto- una serie di straordinarie imprese, intrisa di coraggio, intelligenza e spirito di sacrificio: 94 ricognizioni, 30 bombardamenti e 1.352 fotografie scattate sul nemico, diverse delle quali nel corso di furiosi combattimenti”. Il 9 novembre compie il primo volo notturno italiano su Trieste, offrendo -sotto il tiro dell’antiaerea- il saluto tricolore attraverso tre lampade accese sotto al velivolo. Gli vengono riconosciute quattro medaglie: tre d’argento e una di bronzo, cui va aggiunta un’altra d’argento al valor civile, per aver tratto in salvo due donne da un incendio a Milano. Nel 1918 passa alla 131ª Squadriglia d’osservazione, riprendendo quell’attività di fotografo audacissimo che aveva reso famoso il suo nome tra i soldati al fronte. Quindi giunge alla 1ª Squadriglia navale, quella che poi fu chiamata “San Marco”; alla guida c’è il “Vate”, di cui diviene ben presto il comandante in seconda.

Fa parte della Commissione interalleata di controllo, inviata a Vienna nel 1920; successivamente svolge la funzione di addetto militare all’Ambasciata italiana di Madrid. Il suo nome compare nella lista milanese dei neonati Fasci di combattimento; nel 1939 viene richiamato e destinato al comando della caserma aeronautica di Madonna in Campagna a Gallarate. Nel secondo dopoguerra lo si trova tra i fondatori della locale Civica galleria d’arte moderna e del premio nazionale “Città di Gallarate”. Si spegne nello stesso centro il 16 novembre 1976.

Come mai è in possesso del carteggio? “Giacomo Macchi e la moglie Piera Piantanida -risponde il professore in questa intervista a «Vaccari news»- sono stati nella mia giovinezza le persone più care, unitamente ai miei genitori. Mi furono padrino e madrina, vivevo nella loro casa trattato come un figlio. Morirono a due mesi e mezzo di distanza, lasciandomi un’eredità patrimoniale ma soprattutto morale. Il carteggio con D’Annunzio, le straordinarie documentazioni fotografiche relative al Primo conflitto mondiale e diversi reperti sono presenti nella mia attuale abitazione, affidatimi per custodire una preziosa memoria”.

Di quante missive si compone? “Sono ventidue, di diversa lunghezza; alcune scritte a matita”. Se ne aggiunge un’ultima, nella quale il poeta-soldato parla di lui ad un altro ufficiale, qualificandolo come “ottimo osservatore”.

Pur in generale, cosa si evince? “Diverse lettere sono delle indicazioni di servizio, da trasmettere agli uomini; altre sono saluti. Alcune rivestono un carattere meno formale: Macchi viene definito «compagno eroico e fedele»”. Una parte si colloca nei mesi conclusivi della conflagrazione, le restanti nel periodo successivo, fino alla metà del 1919, quando dopo l’armistizio occorreva comunque presidiare il territorio. “Di particolare rilievo è una corrispondenza nel pieno dell’impresa di Fiume, in cui il comandante chiede al Macchi, oramai distante, di aiutarlo a trovare degli hangar e fornisce anche un elenco dettagliato del materiale bellico sequestrato sul piroscafo «Persia» destinato alla Russia”.

Sono state esposte pubblicamente in qualche iniziativa? “In alcune occasioni locali, come ad esempio una mostra organizzata qualche anno fa presso il Museo Agusta a Cascina Costa, Samarate. È mia intenzione organizzare una rassegna cittadina in vista delle prossime celebrazioni relative alla Grande guerra”.

Il carteggio - Una delle lettere che il “Vate” scrisse al suo ufficiale
Il carteggio - Una delle lettere che il “Vate” scrisse al suo ufficiale



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