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Massimo Sarmi alla Camera: “Il quadro della regolamentazione che riguarda Poste italiane è indipendente dal progetto o meno di apertura ai mercati”

L’amministratore delegato mentre interloquisce in commissione
L’amministratore delegato mentre interloquisce in commissione

“Sono due i punti oggetto di finalizzazione” in questo momento. L’ha precisato ieri l’amministratore delegato di Poste italiane, Massimo Sarmi, in audizione alla commissione trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera.

Uno è il contratto con Cassa depositi e prestiti per la raccolta del risparmio postale. Un impegno, questo, che nell’ambito delle prestazioni finanziarie rappresenta “il nostro primo obiettivo, lo è stato e lo sarà sempre… c’è il lavoro a full-time equivalente di oltre 22mila persone”, cui vanno aggiunte le infrastrutture informatiche e le altre funzionalità. L’azienda aveva un contratto di durata triennale, scaduto il 31 dicembre 2013; il prossimo conterà su una durata più ampia, il lustro. L’estensione garantirà a Cdp una visibilità maggiore, mentre Poste potrà contare su una carta migliore da porgere al mercato, nel quale sono preferite intese di natura ampia.

Il secondo elemento è il contratto di programma per l’erogazione del servizio universale: il precedente è scaduto alla fine del 2011. Anche a causa del passaggio all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di parte delle competenze, ci sono stati rallentamenti. Una missione presso la Comunità Europea ha ottenuto il prolungamento per il 2012, il 2013 ed il 2014, ma con l’impegno da parte italiana di inviare rapidamente i criteri della nuova versione a Bruxelles. Nel contesto, va registrato un significativo cambio di livello continentale: per valutare l’onere del servizio universale, non si utilizzerà più il criterio dei “price cap” ma dei “costi evitati”, considerando la differenza tra gli oneri sostenuti e quelli che si sarebbero registrati se non ci fosse stato il servizio universale. I soldi per bilanciarsi non potranno giungere da un aumento delle risorse di parte pubblica; si dovranno trovare -suggerisce l’amministratore delegato- introducendo nuove attività, più consone ai tempi, proprio nell’ambito del servizio universale (ad esempio, il “digital divide”).

L’ad ha incontrato i parlamentari per parlare del progetto di privatizzazione, ma non sono emersi nuovi dettagli rispetto a quanto già si sa, e gli interlocutori l’hanno sottolineato. Sul tema, egli ha ricordato il collocamento di un prestito obbligazionario, registrato nel giugno dello scorso anno, avviato alla scadenza di uno precedente. Il successo ottenuto (“c’è stata una grandissima richiesta”) permetterà di presentare l’azienda in modo positivo nel momento in cui si procederà ad alienare quote azionarie. A questo proposito, ha citato il caso dei Paesi Bassi, dove adesso la proprietà è interamente privata: secondo il relatore, non si tratterebbe di un caso “completamente positivo e di successo”.

Diversi onorevoli hanno chiesto come si possano conciliare la cessione di parte delle azioni con gli obblighi del servizio universale. “Il quadro della regolamentazione che riguarda Poste italiane -ha spiegato- è indipendente dal progetto o meno di apertura ai mercati”.




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