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editor Fabio Bonacina

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Raggiunta la decisione di integrare gli attuali parametri riguardanti gli uffici postali, occorre definire come. Da qui la scelta di avviare una consultazione pubblica

Certo, sul tavolo c’è il piano degli interventi per la razionalizzazione degli uffici postali e delle strutture di recapito che non garantiscono l’equilibrio economico, presentato da Poste italiane a cadenza annuale. Però, sullo stesso tavolo, vi sono le segnalazioni dei Comuni interessati da interventi di chiusura o rimodulazione agli orari, “nelle quali si lamentano i disagi subiti della popolazione locale” (proprio oggi, ad esempio, sono state rilevate proteste in Liguria per le minacce inerenti ventitré sedi).

Da qui la scelta dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di avviare una consultazione pubblica per capire se davvero i criteri in vigore risultano congrui rispetto all’esigenza di assicurare un servizio universale fruibile “su tutto il territorio nazionale in maniera omogenea, anche da parte degli utenti residenti nelle zone remote del Paese, quali isole minori e zone rurali e montane”.

In sostanza, vi sono due esigenze opposte tra le quali occorre mediare. Da un lato, l’opportunità di razionalizzare al fine di evitare situazioni di squilibrio economico e assecondare, così, l’obiettivo di contenere l’onere. Dall’altro, la necessità di tutelare adeguatamente le situazioni particolari delle zone remote e scarsamente popolate, “dove, peraltro, la fornitura delle prestazioni rientranti nel servizio universale avviene tipicamente in condizioni di squilibrio economico, a causa degli scarsi livelli di domanda e dei maggiori costi di offerta”.

Il dato di fatto è che bisogna integrare gli attuali paletti regolanti la distribuzione dei punti di accesso alla rete postale. Paletti che -secondo l’Agcom- risultano carenti “di una specifica previsione di garanzia a tutela delle aree svantaggiate”. E questo riferendosi solo agli uffici ed alle attività che rientrano nel servizio universale, in quanto per le cassette (l’altro protagonista dei documenti) non sono emerse criticità degne di nota. Sapendo, inoltre, che, da un confronto con i principali Paesi europei, la rete nazionale è una fra le più capillari.

Un’altra possibile soluzione riguarda l’attuale impegno dell’azienda, ed il conseguente sviluppo futuro, nel portare alcune prestazioni a domicilio (naturalmente, a costo maggiorato).

Il Garante parla di aggiungere, al quadro esistente, il divieto di soppressione di uffici postali siti in comuni rurali che rientrano anche nella categoria dei montani e nelle isole minori. Escludendone l’applicazione nei casi in cui siano resi disponibili supporti alternativi allo sportello classico. Oppure, prevedrebbe un confronto tra la società e gli Enti locali per cercare, nel caso specifico, soluzioni alternative.

Intanto, nel contesto del provvedimento ha elaborato sette domande, cui gli interessati possono rispondere entro il 7 aprile.

Gli uffici postali in Italia. La tabella, una di quelle che accompagnano il provvedimento, è stata realizzata dall’Agcom basandosi sui dati forniti da Poste italiane ed Istat
Gli uffici postali in Italia. La tabella, una di quelle che accompagnano il provvedimento, è stata realizzata dall’Agcom basandosi sui dati forniti da Poste italiane ed Istat



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