Oggi costituisce un elemento normale, ma mezzo secolo fa non lo era, tanto da indurre “Rassegna postelegrafonica” ad evidenziarlo e spiegarlo ai propri lettori. È l’anno di emissione, posizionato in “ditta” (ossia tra le indicazioni di servizio, generalmente collocate nella parte inferiore della vignetta). In Italia venne introdotto stabilmente a metà del 1955, anche se la rivista se ne “accorse” quasi un decennio dopo, nel 1964. Probabilmente era solo un appiglio formale per introdurre l’argomento. “Da qualche tempo” -esordiva la nota- “sui francobolli che le Poste italiane emettono per commemorare avvenimenti e personaggi, viene incisa pure la data dell’anno di emissione”. “Si tratta di un accorgimento di natura amministrativa, poiché, avendo i francobolli validità di affrancatura limitata all’anno di emissione e a quello successivo, gli impiegati postali saranno in grado di stabilire quando una lettera va multata avendo un francobollo scaduto”. Il richiamo “viene pure in soccorso del collezionista che desideri disporre di quei francobolli in ordine cronologico”. “Bisogna rintracciarli sui cataloghi, dove, fra tante frazionate serie e seriette, la ricerca diventa sempre più laboriosa”. All’inizio degli anni Cinquanta -l’articolo non lo dice- si sperimentò un sistema alternativo: indicare al retro giorno di emissione e conseguente scadenza (o solo quest’ultima), quasi il dentello fosse uno… yogurt. Il test venne abbandonato presto; gli specialisti l’hanno riscontrato sul 100 lire “Italia al lavoro” e sull’80 dedicato a Leonardo da Vinci.
L’anno in “ditta”
26 Ago 2014 18:20 - NEWSPAPERS, MAGAZINES AND SITES
L’Italia -spiegava mezzo secolo fa “Rassegna postelegrafonica”- lo introdusse per calcolare rapidamente la validità delle cartevalori. Naturalmente, risultò di aiuto pure per i filatelisti