“La differenza tra la finanziaria 2014 e quella 2015 è che ci sono 18 miliardi di tasse in meno. Tutto qui”. Ad affermarlo, tramite il solito messaggio via Twitter, è il presidente del Consiglio, Matteo Renzi.
La legge di stabilità 2015, però, contiene almeno un provvedimento a carattere postale: l’aggiornamento al contratto di programma, scaduto nel 2011. Un intervento necessario, invocato più volte dall’amministratore delegato Francesco Caio, sia per lavorare meglio (in particolare ridefinendo i concetti base), sia per portare l’azienda sul mercato.
La bozza che circola, ed ammesso che il passo non venga snaturato o addirittura cancellato, stabilisce che lo Stato garantirà un massimo di 262,4 milioni ogni dodici mesi. Tuttavia, viene data la possibilità all’operatore di limitare la sua presenza. Se il decreto legislativo 261 del 1999, all’articolo 3, autorizza la fornitura a giorni alterni “in presenza di particolari situazioni di natura infrastrutturale o geografica in ambiti territoriali con una densità inferiore a 200 abitanti/kmq e comunque fino ad un massimo di un ottavo della popolazione nazionale”, la versione ipotizzata aumenta quest’ultima quota ad un quarto.
Il testo attualmente in vigore -viene stabilito- lo rimarrà fino a quando sarà cambiato, un’ovvietà peraltro già contemplata nel documento da sostituire. Il nuovo, però, si svilupperà non per tre ma per cinque anni (dal 2015 al 2019) e dovrà essere sottoscritto dalle parti -ossia ministero dello Sviluppo economico e Poste- entro il prossimo 31 marzo. Andranno sentiti preventivamente il dicastero ad Economia e finanze nonché l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, mentre dalla Camera e dal Senato è atteso un parere non vincolante (decorso un tempo limite di venti giorni, si procederà ugualmente anche nel caso non lo formulassero). Poi il faldone prenderà la strada di Bruxelles, incrociando le dita…