“La situazione italiana continua a rappresentare un’eccezione in Europa”. Poste italiane “può ancora godere di sussidi statali, a fronte di una attività postale che è un sesto del business dell’azienda”, ed “utilizza la sua rete per fare cassa nei settori finanziario e assicurativo”. Tali entrate “permettono di ridurre, drammaticamente per i concorrenti, i prezzi delle negoziazioni private con le aziende, a fronte di continui aumenti delle tariffe ai cittadini”. L’ha detto oggi l’amministratore delegato di Nexive, Luca Palermo, intervenendo alla presentazione, organizzata a Roma dall’Istituto Bruno Leoni, dell’indice delle liberalizzazioni 2014.
Oltre a condizionare negativamente la vita dei cittadini, il mancato sblocco del comparto “incide sull’operatività delle migliaia di operatori postali privati, per cui si assiste al paradosso dell’apertura dell’accesso al mercato, cui però corrisponde un sostanziale immobilismo competitivo. Questo significa enormi difficoltà per chi vuole investire le proprie risorse nel business postale in modo strutturato, anzi la forte probabilità di rischiare il patrimonio impiegato”.
L’indice misura il grado di apertura alla concorrenza per quindici membri Ue; lo Stato complessivamente più svincolato è il Regno Unito, con un punteggio del 94%, seguito da Paesi Bassi, Spagna e Svezia (79%); dietro vi sono Danimarca, Francia ed Italia (66%), ultima la Grecia (58%). Per quel che riguarda lo Stivale, dei dieci settori esaminati, il più dischiuso riguarda le telecomunicazioni (86%); poi arrivano mercato elettrico (81%) e televisioni (75%), il postale è ancora lontano (59%).