“Una rivista filatelica non ha, per fortuna, il compito d’intrattenere i suoi lettori su argomenti che fanno fremere ed inorridire: ma la filatelia, in questo anniversario del gran conflitto, ha pure i suoi avvenimenti da ricordare, un bilancio da esaminare, per trarne, come diretta conseguenza, la prova più evidente che essa poggia su basi solidissime”. Così si legge nell’editoriale de “Il bollettino filatelico”, il mensile diretto da Roberto Palmieri nel numero del 15 agosto 1915. Che -sotto al titolo “La filatelia dopo un anno di guerra”- cerca di fare alcune considerazioni sui dodici mesi trascorsi dall’avvio della conflagrazione.
In tale lasso di tempo, la cronaca specializzata “ha registrato non pochi casi in cui importanti raccolte di francobolli furono preda delle orde barbariche nel Belgio ed in Francia. Nondimeno chi può mai dire quante furono le raccolte asportate coi bottini di guerra; quanti gli «stocks» di francobolli andati distrutti dal fuoco, o che marciscono sotto le macerie delle abitazioni bombardate, mentre, in passato, per quelli che ne facevano commercio quei francobolli rappresentavano forse tutto!”.
Ciononostante -prosegue il ragionamento- “e malgrado le tristi condizioni in cui il Belgio si trova, la filatelia non vi è stata distrutta, perché il Belgio fu sempre un Paese eminentemente filatelico; e tale ritornerà non appena le circostanze lo permetteranno. Infatti, l’enorme numero di francobolli emessi per la Croce rossa, l’esaurirsi in brevissimo tempo delle varie serie che si sono susseguite, provano che ogni cittadino belga ha voluto mettere da parte e custodire gelosamente quei francobolli, che gli ricorderanno sempre l’anno di desolazione ed i martirii inflitti... Ma col ritorno alla vita normale, quei francobolli verranno a dare a molti la spinta a formare nuove collezioni: quei francobolli creeranno certamente nuovi filatelisti”.
In sostanza, tali cartevalori hanno apportato “un contributo insperato alla filatelia”. Ma anche altre realtà hanno collaborato, senza volerlo, al medesimo obiettivo: la Francia con le sue Colonie, la Russia, il Regno Unito conquistando i possedimenti tedeschi, l’Austria con l’Ungheria e la Bosnia, la Germania attraverso l’occupazione del Belgio e della Polonia, ed infine l’Impero Ottomano che, con l’abolizione delle capitolazioni, “ha determinato la maggiore richiesta dei francobolli dei vari uffici postali europei nel Levante”. Insomma, quest’anno di conflitto “non ha visto la crisi del commercio filatelico, come alcuni temevano”. Di fronte alla stagione 1913-1914 -“che tenne il «record» in tutti i Paesi, per la grande, veramente straordinaria, attività filatelica- quella dell’anno scorso ha potuto segnare un rallentamento nelle contrattazioni di affari, specialmente tra Paese e Paese, per ragioni di difficoltà postali internazionali, per la poca sicurezza negl’invii ed in fine a causa dell’elevatezza dei cambi monetarii: ma nulla di più che un rallentamento”.
Anche questo è un aspetto afferente la Prima guerra mondiale.