L’occasione per vedere un ufficio postale oltre gli ambienti consueti. Non quelli attuali, pratici, luminosi e tutti uguali così da confermare ogni volta la linea aziendale secondo i moderni criteri del marketing. Ma gli ambienti di una volta, nel caso specifico caratterizzati da un approccio monumentale. È accaduto oggi al Bergamo Centro, in via Locatelli 11. Il motivo? La presentazione al pubblico dei locali rinnovati attraverso motivati ed orgogliosi accompagnatori, fra i quali i direttori delle due filiali cittadine, Antonio Fiaschetti e Marco Valsecchi.
Se la vecchia sportelleria (tranne quella una volta destinata all’accettazione dei telegrammi, ora trasformata in una piccola “bomboniera” con i due dipinti di Mario Sironi “Il lavoro in città. L’Architettura” ed “Il lavoro nei campi. L’Agricoltura”) è scomparsa da tempo, il resto è stato, secondo i casi, rinnovato, restaurato, ripulito. A cominciare dagli esterni, dove gli addetti hanno valorizzate la vasca e l’aiuola; le cinque statue (ritraggono l’Italia etrusca e romana di Nino Galizzi, l’Italia cattolica e fascista di Giovanni Manzoni, san Cristoforo di Francesco Minotti) collocate sulla facciata sono tornate a brillare mentre gli orologi della torre hanno ripreso a scandire il tempo.
Il resto costituisce un autentico viaggio indietro nei decenni arrivando ad apprezzare nei dettagli l’opera del progettista, Angiolo Mazzoni (1894-1979): la divisione degli spazi, gli infissi in legno, gli inconsueti lampadari, la generosità con cui venne impiegato il marmo per i rivestimenti (ma anche per gli scrittoi, senza dimenticare il tavolino con seduta adesso seminascosto all’ingresso), le stravaganti realizzazioni in vetro di Napoleone Martinuzzi, le indicazioni che ancora permangono su porte e vetrate. Tra gli altri interventi, l’adeguamento alle normative in vigore e l’impianto di condizionamento ai piani superiori.
A contribuire ad una certa atmosfera d’antan, pure l’oggettistica posizionata qua e là per la festa, cominciando dai documenti d’archivio che ricostruiscono le fasi costruttive dell’edificio, i ritagli di giornale che ne certificano la cronaca, le corrispondenze di servizio accantonate per il loro significato. E poi vecchi centralini, nettatimbri, macchine da scrivere e da calcolo, casellari, interi postali, oggetti da cancelleria, cifrari: tutti materiali volti a ricostruire un ufficio anni Sessanta. Il pubblico, però, ha mostrato di apprezzare di più -proprio per la sua eccezionalità- l’ufficio da campo, al solito presentato in modo scenografico.
“Una delle caratteristiche di Poste italiane -ha detto il responsabile per la Lombardia di mercato privati, Pietro Raeli- è il vincolo di prossimità. Ci è sembrato automatico aprire l’ufficio a tutti i cittadini”. Almeno per una giornata.
La sede adesso offre dieci sportelli, il punto di Poste mobile, quattro salette per i prodotti finanziari, di investimento ed assicurativi; statisticamente effettua seicento operazioni al giorno nei confronti di trecentocinquanta clienti.