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editor Fabio Bonacina

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È la scelta per la copertina del libro, riscoperto, di Piero Camporesi “Le belle contrade - Nascita del paesaggio italiano”

Simbolo del territorio
Simbolo del territorio

Rappresenta uno dei simboli postali per eccellenza: è la cassetta rossa dove imbucare lettere e cartoline; secondo i dati della società guidata da Francesco Caio, ora ve ne sono, in tutto il territorio nazionale, 52mila. È stata scelta per la copertina del libro firmato da Piero Camporesi.

Scelta non a caso, visto che il titolo suona “Le belle contrade - Nascita del paesaggio italiano”. È un nuovo passo del progetto che la casa editrice, Il saggiatore, ha inteso dedicare al filologo e storico vissuto tra il 1926 ed il 1997. L’attuale prefazione è di Giorgio Boatti.

La meraviglia per la bellezza di un panorama è impensabile per gli uomini del Quattro e del Cinquecento, annotano dall’azienda. Il loro occhio coglie più la concretezza ambientale e la realtà della geografia umana che l’incanto estetico. È un’Italia, la loro, di cose e di genti, di mestieri e di antimestieri, di affari e di malaffari, una lunga sfilata di oggetti, manufatti, prodotti, attività, messa a fuoco e identificata non dal nobile senso della vista ma da quelli più popolari del tatto, del gusto, dell’olfatto. L’acquisizione culturale del paesaggio nasce in seguito, lentamente e faticosamente, e così la contemplazione disinteressata per gli ineffabili piaceri dello spirito, giustificate o indebite rêveries da consumare in morbidi circuiti suggestivi, perfino momenti di ascesi ed alta meditazione religiosa.

Nelle 222 pagine (prezzo: 22,00 euro) l’autore racconta come nasce l’attenzione per l’ambiente e come cambia la percezione del paesaggio in età premoderna.

Il mare, da superba e minacciosa distesa, si trasforma in amena e talvolta sensuale località per la villeggiatura; la promozione borghese della montagna -coadiuvata dall’estetica del sublime- fa di quell’aspra verticalità un requisito fondamentale per l’elevazione dello spirito e per l’esame della fragilità umana. Se un tempo chi doveva affrontare la necessaria ma non desiderata avventura di un viaggio entrava nelle chiese per devozione di pellegrino, il turista dell’Otto e del Novecento lo fa per vedere la magnificenza delle città.




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