“Quando i nostri nipoti vorranno un giorno conoscere le vicende fortunose della grande tragedia che per quattro anni insanguinò l’Europa, potranno fare a meno di aprire un trattato di storia, perché è presumibile che avranno conservata la nostra collezione di francobolli. In quella essi vi leggeranno, a grandi capitoli, la tracotanza dell’Impero germanico, che seguendo il sogno egemoniaco di Guglielmo II, assalì e schiacciò il piccolo eroico Belgio; e troveranno documentata l’oppressione di altri popoli, la occupazione violenta della Serbia, della Polonia, della Lituania, della Francia, e delle nostre provincie del Veneto e del Friuli”. Così annotava cento anni fa Gino Socini nella “Rivista filatelica d’Italia” datata 15 gennaio 1919, aprendo l’articolo, dedicato alla Grande guerra, “Il francobollo che insegna… Sui margini della storia”.
“Conserviamo -prosegue l’intervento- anche le cartoline in franchigia che gli eserciti nemici adoperavano e che… portavano gli antipaticissimi ritratti dei quattro associati per la distruzione della libertà dei popoli. Questi cimeli che non sono francobolli, ma documenti postali ufficialissimi, potranno trovar posto a fianco d’ogni collezione di bolli di guerra perché ne sono come il corollario”.
“Mentre si attende che venga concretata la proposta già avanzata in Francia per la creazione di un francobollo interalleato, che commemori la Vittoria, l’Italia ha avuto l’ottima idea di iniziare -diremo così- l’appendice della collezione dei francobolli di guerra creando i «Venezia Giulia» e i «Trentino»… Essi dicono al mondo intero che tutti gli italiani oppressi furono redenti”.