Da lontano, sembra davvero un portalettere accasciato con ancora indosso la pettorina di ordinanza e, sparpagliate in terra, alcune delle missive in consegna. Un malore? O peggio...
L’obiettivo della telecamera registra, impietoso, le reazioni dei passanti tra allarme o indifferenza, prima che si accorgano dello scherzo. Anzi, dell’espressione artistica, visto che l’installazione è stata proposta nel contesto della Biennale di Venezia, ma non solo. Dal 20 settembre al 3 ottobre, ad esempio, sarà ripresa, sempre nella stessa città, alla personale “Chi è Talten?” (Cannaregio 4132, orario 14-22.30 tutti i giorni con chiusura alle 23 il sabato; ingresso libero).
Intitolata, come si legge sulle false buste, “Lavorare è sacrificio”, la performance è firmata dal ventinovenne avellinese Alessandro Acerra. Un’esperienza formativa a Brera nell’eco-design (sue sono le eco t-shirt, capi unici realizzati prima scegliendo soggetti e stoffe e poi ritagliando e cucendo i differenti tessuti, rigorosamente riciclati) e poi corsi di comunicazione visiva, modellazione e fotografia presso il Politecnico di Milano. Parallelamente, la carriera artistica.
“L’opera -spiega a «Vaccari news» lo stesso autore- è ovviamente fatta per attirare l’attenzione, perché difficilmente, nei primi minuti, ti accorgi che è finta. Vieni investito da molta tensione ed adrenalina che poi, appena capisci che è un’illusione, si tramuta in sarcasmo. Lo spettatore ha così tutta l’attenzione accumulata nei primi momenti per leggere la vera faccia del lavoro, in modo rilassato. Comunque, è difficile sintetizzare il comportamento della massa, in quanto ci sono troppe reazioni diverse e inconsuete che continuano a sorprendermi e a farmi pensare. E che tengo presente per le future istallazioni”.
Perché, fra tutte le categorie professionali, proprio il portalettere? “È una figura -prosegue Acerra- che, già presa così com’è, racchiude dentro la propria immagine molti messaggi e dogmi ormai radicati nella cultura italiana. Prendere questa icona e usarla per qualcosa di anomalo e bizzarro o paradossale -come «Lavorare è sacrificio»- crea nella mente delle persone un corto circuito. Fa riflettere e guardare da un altro punto di vista qualcosa che hai visto mille volte, al quale non dai più attenzione. Qui si raggiunge il punto massimo nel valore comunicativo della nuova immagine, che viene metabolizzata per la prima volta”.