Il... segreto era tale solo per Poste italiane, che ancora una volta dimostra -al confronto di altri operatori- di voler comunicare gli aumenti tariffari solo nel giorno in cui vengono introdotti. Perché, almeno con i privati, che non possono scaricare l’imposta, l’introduzione dell’iva sui prodotti del corriere espresso (“postacelere 1 plus”, “paccocelere 1 plus”, “paccocelere 3” e “paccocelere maxi”) significa un aumento secco di almeno il 20% (al conto si aggiungono un minimo arrotondamento, naturalmente all’insù, per il “paccocelere 3” e una suddivisione negli scaglioni di peso per il “paccocelere 1 plus”).
Alla modifica di regime fa seguito quella dei moduli (le “lettere di vettura”), anche se non tutti gli uffici postali li hanno già a disposizione. Scaricabili pure in versione elettronica, così da compilarli al computer, saranno obbligatori dal giorno 28.
E poi c’è il bizzarro divieto di impiegare i francobolli per affrancare, lo stesso già operativo con la “raccomandata1”. I tecnici spiegano la scelta con la necessità di separare le prestazioni del servizio universale (non gravate da iva) e la relativa contabilità da quelle di libero mercato, ma ci si domanda se non fosse possibile trovare altre strade. A meno di non confermare una volta in più ciò che è evidente: il francobollo “filatelico” -come viene definito oltre gli sportelli- è ormai un mero oggetto da collezione, da acquistare e infilare nell’album. Non una carta valore emessa dallo Stato per dimostrare l’avvenuto pagamento di un supporto a natura postale.
Il provvedimento non colpisce il pacco ordinario, perché è inserito nel servizio universale. Fino a venti chili di peso continua a costare 7,00 euro.