I “ballon monté”, cioè i palloni guidati, non furono che uno dei mezzi individua per far uscire, fra il 19 settembre 1870 e il 28 gennaio 1871, i messaggi dalla Parigi assediata a causa dei prussiani. È stato il sistema più noto, e a posteriori rivelatosi più funzionale, ma occorre elencarne degli altri.
Lo ha ricordato oggi pomeriggio lo studioso Edoardo Paolo Ohnmeiss alla conferenza “Parigi 1870: l’ingegno contrastò il blocco postale”, organizzata a Milano dall’Associazione italiana di storia postale.
Innanzi tutto ci furono i contrabbandieri che, dietro un congruo compenso, si impegnavano ad oltrepassare le linee. Un incarico rischioso, perché se venivano bloccati con le missive in tasca finivano davanti al plotone di esecuzione, e qualcuno morì in tal modo. Per aggirare i blocchi, percorrevano magari le catacombe che caratterizzano il sottosuolo urbano, mentre altri preferivano nuotare nella Senna. Le lettere occultate -ha precisato l’esperto- si riconoscono in quanto non portano l’annullo di arrivo: per motivi di sicurezza i corrieri andavano direttamente nella casa del destinatario, senza affidare il recapito al servizio ufficiale. Un altro espediente utilizzato era sfruttare i belgi che si erano messi a disposizione dei tedeschi per i vettovagliamenti.
Più noto è il sistema delle “boule de Moulins”, la località a monte di Parigi da dove tali contenitori in zinco riempiti di biglietti venivano gettati tra i flutti con la speranza che potessero rotolare sotto il pelo dell’acqua e raggiungere la città. L’idea, invece, non funzionò ed alcune di queste “palle” vennero recuperate mesi e anni dopo (l’ultima, il 14 aprile 1982!).
Tra le alternative figurano i piccioni viaggiatori, per i quali si scelsero due strade: la prima era applicare un piccolo contenitore con testi microfilmati sotto la testa (ma agli uccelli dava fastidio e cercavano con il becco di toglierlo), la seconda dietro la coda.
Infine, eccoli, i palloni. Sessantasette, l’ultimo dei quali, il “Général Cambronne”, a stigmatizzare la sconfitta: venne spedito proprio il 28 gennaio. Il mezzo permise, con un buon esito, di fare uscire dalla Ville Lumière i dispacci affidandoli alla volontà del vento (si tentò anche il percorso inverso, ma fece cilecca); uno, il “Ville d’Orléans”, finì addirittura in Norvegia. “L’accordo di Nadar e dei suoi soci Dartois e Duruof -si tratta di pseudonimi- con le Poste -ha spiegato Edoardo Paolo Ohnmeiss- era che queste ultime avrebbero formalizzato un contratto vero e proprio se due prove fossero andate bene, e così fu. Rappresenta il primo invio di posta aerea del mondo, mentre quando i prussiani si accorsero della trovata e chiesero alla Krupp di fornire armamenti adeguati con cui abbatterli, originarono il primo caso di contraerea”. Alle comunicazioni, in genere di piccolo formato e su carta leggerissima, si aggiungevano altri oggetti, come le lettere-giornale “La gazette des absents”, stampate da una parte e con testi liberi dall’altra.
“La conferenza -ha commentato alla fine il presidente dell’Aisp, Angelo Simontacchi- dimostra quello che intendiamo fare attraverso questi appuntamenti”.