Chissà se e quali tra i quadri proposti fino al 16 gennaio alle scuderie del Quirinale nell’ambito della mostra “1861 I pittori del Risorgimento” finiranno in formato dentello. D’altro canto, con l’enorme numero di francobolli che sul tema dell’Unità verranno realizzati nei prossimi mesi qualcuno potrebbe recare il richiamo a specialisti di allora, come Mosé Bianchi, Giovanni Fattori, Gerolamo Induno e Silvestro Lega.
Magari, verrà scelto uno imperniato sulle comunicazioni. Come “La lettera dal campo”, realizzato nel 1859 dallo stesso Induno. L’olio su tela proviene da una collezione privata; un “fortunato soggetto”, lo definisce Silvia Regonelli nel catalogo edito da Skira. Raffigura “la famiglia di un soldato che, trepidante, si riunisce intorno al tavolo per ascoltare la lettura di una sua missiva”, giunta dai luoghi della battaglia. Una “affettuosa, dettagliata attenzione per una narrazione popolare, quotidiana, di impatto immediato… elemento comune nella percezione di questo fortunatissimo genere pittorico” da parte del pubblico, della critica e persino di seguaci ed epigoni.
Più indirette sono altre due citazioni. Una, sempre del medesimo pittore, si intitola “Ascoltando la notizia del giorno”. Datata 1864, raffigura un gruppo di donne davanti ad un foglio, sul quale si intravede l’intestazione, “Comitato”. Il riferimento è al bollettino che relaziona sui fatti in Aspromonte. Anche in questo caso, l’opera appartiene ad una raccolta personale.
L’altra è di Odoardo Borrani e normalmente si trova alla Galleria d’arte moderna di palazzo Pitti, a Firenze. Si chiama “La veglia (il bollettino del 9 gennaio 1878)” e venne realizzata due anni dopo alla vicenda che richiama. “In un scuro interno borghese -spiega la guida- rischiarato da una luce caravaggesca”, tre donne di diversa età apprendono la notizia “che segnerà la fine di un’epoca”: la morte di Vittorio Emanuele II.
Il percorso ha come tema il confronto tra la pittura italiana e gli eventi registrati tra il 1859-1860 (anni in cui si svolsero la Seconda guerra d’Indipendenza e la spedizione dei Mille) e il 1861 (proclamazione del Regno d’Italia). Accanto agli enormi dipinti che rappresentano l’epopea bellica nelle sue tappe fondamentali, vengono accostati lavori di dimensioni più contenute, utili a documentare la partecipazione popolare e collettiva. Il cuore dell’allestimento è rappresentato dalla pittura di combattimenti ad opera dei “pittori soldati”, lombardi, toscani e napoletani; tutti convinti patrioti, che “presero parte in prima persona a molte di quelle battaglie, e ne resero testimonianza attraverso una pittura esatta e fedele agli eventi, mai retorica e sempre attenta ai tanti risvolti umani, naturalmente e tristemente legati alla guerra”. Non mancano i lavori che valorizzano il dopo, il dietro le quinte, le retrovie: i semplici militi, i feriti curati grazie alle prime forme di assistenza (la nascita della Croce rossa sarà frutto di quelle drammatiche giornate), gli stessi nemici caduti, accomunati all’esercito piemontese.