“È stato un editore, tipografo e umanista veneziano. È ritenuto il maggior tipografo del suo tempo e il primo editore in senso moderno. Introdusse numerose innovazioni destinate a segnare la storia della tipografia fino ai giorni nostri”. Così si legge nel bollettino illustrativo collegato al francobollo che il 6 febbraio 2015 l’Italia ha dedicato ad Aldo Manuzio nel quinto centenario della scomparsa.
Non è un caso se il centro lagunare stia dedicando al personaggio una mostra, in essere alla Galleria dell’accademia sino al 19 giugno. S’intitola “Aldo Manuzio. Il Rinascimento di Venezia”.
Curata da Guido Beltramini, Davide Gasparotto, Giulio Manieri Elia, “ripercorre, attraverso oltre cento opere d’arte in prestito da grandi musei italiani e stranieri e più di trenta rarissime edizioni stampate tra la fine del XV e i primi anni del XVI secolo, una stagione unica e irripetibile nella storia della cultura europea e occidentale”, spiegano gli organizzatori. “Una vera e propria età dell’oro, durante la quale il libro si rivelò capace di trasformare il mondo”. È in questo periodo storico che la città conquista ed afferma definitivamente il ruolo di cerniera tra l’Est e l’Ovest, passando da semplice piattaforma per scambi di natura commerciale a luogo dove si mescolano culture, tradizioni, saperi.
Sfruttando l’imponente rete logistica della quale solo una realtà mercantile poteva disporre, Manuzio riuscì ad immaginare e realizzare il suo programma che prevedeva di rendere disponibili al pubblico degli studiosi e dei letterati i grandi classici della cultura greca, da Omero ad Aristotele, da Sofocle a Euripide e Tucidide, per poi raccogliere i testi latini da Virgilio a Cicerone, da Orazio a Ovidio, a Catullo, a Properzio, Lucrezio, Giovenale, Marziale, e ancora ebraici e italiani della nuova letteratura in volgare.
Tale riscoperta ebbe conseguenze persino sulla pittura, che così rivolse un nuovo sguardo sulla natura. Abbandonate le suggestioni medievali che la rappresentavano ostile, dura, popolata da fiere feroci, l’arte si apre a una rappresentazione del paesaggio inteso come culla della civiltà, paradiso terrestre nel quale l’uomo è destinato a vivere. Ecco quindi i modernissimi dipinti di Giorgione, senza trascurare i disegni del giovane Tiziano, le incisioni di Giulio Campagnola, i bronzetti di Andrea Briosco. E poi i lavori di Giovanni Bellini, Vittore Carpaccio, Cima da Conegliano, Pietro Lombardo, Lorenzo Lotto…
Aggiornamento del 6 luglio 2016: la mostra è stata prorogata fino al 31 luglio.