Anno 1919, il conflitto è alle spalle definitivamente e si cominciano a riordinare le idee. Pure a livello collezionistico.
Un esempio è la nota di Antonio Cardoli, pubblicata da “Il bollettino filatelico” nel numero datato 15-28 febbraio di cento anni fa. Già il titolo, “Ricordando i francobolli di guerra”, è indicativo.
“Vi sono due opinioni”, annota l’autore. Certi -riassumendo la particolareggiata disamina- sostengono che nella raccolta si debbano comprendere tutti i dentelli annotati in una lista di nove punti che, ad esempio, comprende le tirature di occupazione destinate ad un territorio nemico, quelle per i bisogni delle truppe impegnate in una campagna, la creazione di nuovi Stati, le raccolte fondi, le imposte belliche. Senza trascurare le emissioni in quanto tali giunte agli sportelli durante il periodo della conflagrazione, aspetto utile anche per testimoniare l’aumento delle tariffe postali e quindi l’inflazione.
Altri specialisti, la minoranza, tendono ad escludere quest’ultima categoria.