“La fine della guerra segnava il crollo delle superbe potenze della «Mittel Europa» mentre svaniva il folle ambizioso sogno di Guglielmo II, che di quasi tutta Europa avrebbe voluto fare il suo impero; così come tra i francobolli del 1900 il più alto valore -il 5 marchi- riproduce il quadro della segnata apoteosi del suo dominio e su tutte le serie, come superba sfida che doveva ricordare al mondo che d’imperi non doveva esservene che «uno» -quello degli Hohenzollern- spicca la scritta Reichspost!”. È uno dei passi dell’editoriale “Ora che la guerra è finita”, pubblicato da Roberto Palmieri su “Il bollettino filatelico” all’indomani dell’armistizio che chiuse la Grande guerra, per la precisione nel numero datato 15 novembre 1918. Cento anni fa oggi. Segue un’analisi del settore collezionistico. “Dal ciclone che tante cose ha distrutto o ha quasi annientate, la filatelia, che allo scoppio della guerra era ovunque nel suo periodo più florido e più densamente attivo, non fu travolta; anzi non ne risentì la benché minima scossa, e giova ricordare che proprio contro di essa i governi furono presi da vera fobia vietando il commercio dei francobolli con l’estero, mentre gli uffici di censura dal canto loro inferocivano contro le riviste filateliche se riproducevano qualche innocente articolo con semplici accenni alle timbrature della posta militare, né permettevano l’invio all’estero di listini di prezzi e di cataloghi di aste. E ancora: il divieto di spedizione all’estero dei giornali aventi pubblicità -divieto, fortunatamente, posto soltanto in Italia e in Francia- colpiva, forse più degli altri, i giornali filatelici, poiché l’anima del commercio dei francobolli per collezione è proprio la pubblicità fatta nella stampa filatelica”. “La crisi della carta che ha fatto ridurre il numero delle pagine e la periodicità dei giornali, le dispersioni, anche di corrispondenza raccomandate, i frequenti disguidi e infine gli enormi ritardi postali, erano tanti altri coefficienti negativi per la filatelia, eppure questa ha vinto ogni ostacolo, essa, non solo ha resistito in questo tragico periodo, ma ha visto aumentato dovunque il numero dei suoi proseliti”. “È lecito quindi -ora che la guerra è finita e che, con la nuova era di pace, tutto il mondo s’incammina per la sua vita normale- inferirne che uno sviluppo ancora maggiore sia serbato alla filatelia; noi ne abbiamo il convincimento più assoluto”. Intanto, qualche pagina più avanti lo stesso giornale propone un’inserzione del commerciante siracusano Vincenzo Gloria, dedicata ai “francobolli di guerra”. Non era la prima… (continua).
Conflitto/2 “Ora che la guerra è finita”
15 Nov 2018 12:45 - NEWSPAPERS, MAGAZINES AND SITES
S’intitola così il lungo editoriale che, il 15 novembre 1918 (cento anni fa oggi), aprì “Il bollettino filatelico” diretto da Roberto Palmieri