Se Pyongyang, il 15 giugno, ha celebrato il decimo anniversario dell’apertura (sostanzialmente rimasta sulla carta) fra i due Kim, cioè tra i rappresentanti di allora delle due parti in cui è suddivisa la penisola, ora a parlare è Seul, puntando su leve differenti. Ancora bruciante è il vero e proprio atto bellico attraverso il quale il 26 marzo scorso è stata affondata la corvetta “Cheonan”, provocando la morte di 46 marinai: il Sud ritiene che il colpevole sia il Nord, anche se da oltre il confine si nega ogni responsabilità.
Non è un caso se oggi la parte meridionale ricorda i sessant’anni del conflitto iniziato il 25 giugno 1950 con l’invasione da parte delle truppe nordcoreane, unendo concetti come l’ineluttabilità nel contesto del tempo della guerra e il suo superamento, la drammaticità del periodo e la speranza per un futuro diverso. Insomma -ecco il pensiero sintetizzato nel francobollo da 250 won- il messaggio è una farfalla che si posa sul filo spinato ancora dislocato lungo il “muro” e nonostante gli scontri, costati milioni di vittime, siano teoricamente finiti con l’armistizio del 27 luglio 1953.
“Lasciando da parte le grandiose ideologie politiche -è il commento che giunge dagli sportelli- possiamo ricordare questo fatto: viviamo nella madrepatria che è stata salvaguardata al costo di tante vite e per amore della libertà... Guardando la farfalla che vola libera, si spera che alla fine il giorno della pace arrivi”.