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editor Fabio Bonacina

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Nuovo caso di interi postali firmati dalle Poste dell’isola caraibica ma prodotti in Italia

Ai cubani piacciono le cartoline italiane. Mentre periodicamente i media internazionali si soffermano sulla salute di Fidel Castro e sui tentativi di confronto con gli Usa, un’altra vicenda, questa riguardante la Cuba postale, viene scoperta.

Quattro anni fa “Vaccari news” raccontò la storia personale del fotografo viterbese Mimmo Fabrizi, che trasformava belle o comunque significative fotografie in interi postali, prodotti a Venezia e poi venduti dal Correos a turisti e vacanzieri dell’isola caraibica.

Una storia parallela si è sviluppata cominciando da Milano. Qui vive Daniele Mussa, che oggi ha quarantuno anni e conta numerosissimi viaggi verso Cuba, anche perché sua moglie è originaria di laggiù. “La prima volta che sono atterrato nell’isola era il 1994; l’ultima nell’ottobre scorso. Ma le fotografie -precisa a «Vaccari news»- ho cominciato a scattarle nel 1998, terminando attorno al 2002. Mi affascinano i posti, di una bellezza straordinaria. Per questo misi da parte scatti su scatti. Ad un certo punto pensai di trasformarli in cartoline. D’altro canto, ormai avevo i contatti ed anche il bagaglio tecnico, visto che mio padre lavorava in un azienda specializzata”.

Detto fatto: le proposte, i bozzetti, le trattative, l’accordo. Così, bancalate di interi postali dal capoluogo milanese hanno preso la via di Cuba, magari ritornando debitamente commentate, sottoscritte e spedite dai villeggianti.

E i soggetti? “Ho sempre privilegiato gli aspetti naturali. All’inizio avevo proposto anche chiese locali (ce ne sono di belle), ma non avevano riscosso l’entusiasmo dei miei referenti... Il punto di vista è diverso. Una volta ho fotografato un manifesto con lo slogan «Venceremos». Venne rifiutato perché sotto vi era seduto un vecchietto che pareva dormisse. Pensare che io non me ne ero nemmeno accorto!”. In totale, 200-300 soggetti sono stati trasformati in interi postali: istantanee di mare, spiagge, ambienti tipici, addirittura i sigari fustellati. Ma mai, ovviamente, soggetti negativi, come la povertà.

Pochi, praticamente nulli, pure i temi politici. Niente riproduzioni del “líder maximo”, tanto per essere chiari. “Probabilmente -ipotizza Daniele Mussa- lui stesso non voleva”. E anche Che Guevara veniva utilizzato con parsimonia. Per esempio, proponendo i cartelloni stradali con la sua immagine, oppure trasformando in cartolina sagomata la banconota da 3 pesos -richiestissima dai turisti- che ne riporta il viso.

Precise le misure di sicurezza adottate in corso di stampa, in quanto si trattava di cartevalori. “Dovevamo dimostrare di aver tirato l’esatto quantitativo concordato, e poi distruggere gli impianti. Il materiale prodotto andava all’Avana ad un ufficio specifico, che poi lo distribuiva ai rivenditori, cioè uffici postali, alberghi e librerie. Questi lo commercializzavano in pesos convertibili, ossia nella valuta «parallela» impiegata dagli stranieri. Essendo di porto pagato, veniva risolto il problema di cercare i francobolli”.

Ora l’attività si è fermata, anche perché, sempre più spesso, i visitatori si portano le macchine fotografiche digitali, con cui possono fare da sé. “Ad un certo punto -conclude- ho provato ad inserirmi a Cancun, in Messico. Purtroppo, è arrivato l’11 settembre...”.

Due delle fotografie di Daniele Mussa trasformate in interi postali
Due delle fotografie di Daniele Mussa trasformate in interi postali



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