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editor Fabio Bonacina

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Settantatré artisti rendono omaggio a Guglielmo Achille Cavellini nel centenario dalla nascita. L’iniziativa, virtuale, è firmata dalla Ophen virtual art gallery

Il richiamo collocato in piazza della Vittoria a Brescia
Il richiamo collocato in piazza della Vittoria a Brescia

Probabilmente, Guglielmo Achille Cavellini ne avrebbe gioito. Non tanto per l’enorme richiamo presente in piazza della Vittoria della sua Brescia, esplicito riferimento all’autostoricizzazione che ipotizzò, decenni fa, pensando al secolo dalla propria nascita. Ora che il centenario è giunto (per la precisione, scoccherà l’11 settembre), le iniziative per celebrarlo sono diverse. E fra queste spicca la “Virtual underground”, grazie alla salernitana Ophen virtual art gallery ed a Giovanni Bonanno. Si tratta di un allestimento web sempre raggiungibile (ma la medesima struttura ne sta preparando un secondo).

Propone -con il supporto dello stesso Archivio Cavellini, gestito dalla famiglia- settantatré opere di altrettanti autori internazionali che hanno voluto ricordare Gac, come si faceva chiamare, rielaborandone il lavoro. Ed occhieggiando, fra l’altro, alla filatelia ed al sistema postale, due elementi caratteristici del protagonista.

Protagonista che -spiegano gli organizzatori- “è stato osteggiato come «un ricco eccentrico in vena di esibizionismo», non compreso perché ritenuto soltanto un importante collezionista d’arte contemporanea e di conseguenza collocato dalla critica ufficiale nel completo isolamento”. A partire dal 1970, egli aveva tentato di scardinare il sistema e di far sentire la propria voce attuando appropriate “interferenze”, “proponendo la sua presenza come autentico momento creativo”. L’arte, in tal modo, “diveniva liberazione, apertura delle frontiere culturali”. Condividendo ed abbracciando più campi di ricerca trasversali ed alternativi alle proposte riconosciute, dalla pittura alla poesia visiva, dall’arte di comportamento alla body art, “si collocava autonomamente ai margini di un sistema, in una zona franca, in una periferia di confine praticabile, smantellando in un solo colpo una prassi tradizionale che preferiva la produzione ripetitiva dell’artista ben identificabile al completo servizio del mercato”. Oggi “appare un personaggio geniale e poliedrico”. Ha vissuto l’arte contemporanea dal secondo dopoguerra fino al 1990, quando morì, “come battitore libero”.

Alcuni dei settantatré lavori che lo ricordano. Sono, nell’ordine, di Otto Sherman, Fausto Paci, Domenico Ferrara Foria e Vittore Baroni
Alcuni dei settantatré lavori che lo ricordano. Sono, nell’ordine, di Otto Sherman, Fausto Paci, Domenico Ferrara Foria e Vittore Baroni



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