Il mercato del recapito in Europa? È caratterizzato da un fondamentale equivoco. A sostenerlo è l’Istituto Bruno Leoni nel suo annuale rapporto inerente l’indice delle liberalizzazioni.
Da un lato, l’apertura formale appare conclusa con successo, visto che ogni riserva monopolistica è stata eliminata, al netto di qualche caso isolato di ritardo (Cipro e Romania) o del mantenimento di una limitata riserva sulla consegna degli atti giudiziari (Italia, Portogallo ed Ungheria). D’altro canto, lo stato di avanzamento delle liberalizzazioni sul piano sostanziale appare insoddisfacente.
Al vertice della classifica figurano i Paesi Bassi (100%), seguiti da Germania (86%) e Svezia (84%); chiudono la graduatoria Slovacchia (54%), Lussemburgo (50%) e Cipro (45%).
Tre gli indicatori considerati, ponderati con elementi di natura quantitativa e qualitativa; sono: normativa, accesso e mercato. Rispetto alla scorsa edizione, Roma guadagna cinque punti percentuali, passando dal 58% al 63%, in virtù della parziale privatizzazione di Poste italiane; il nuovo punteggio, tuttavia, “non modifica in modo rilevante il piazzamento nella fascia inferiore della classifica”.
Il parametro regolamentare rimane stabile: la disciplina comunitaria è stata recepita senza ritardi, ma sopravvive la riserva sulla consegna degli atti giudiziari, la cui abrogazione, prevista per il 2017, è attualmente in discussione nell’ambito del disegno di legge sulla concorrenza. Per altro verso, l’assegnazione delle competenze regolamentari all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, intervenuta ormai da alcuni anni, assicura un soddisfacente livello d’indipendenza.
Rispetto al tema dell’accesso, nessuna novità: il perimetro del servizio universale, sebbene più ampio di quello previsto dai Paesi maggiormente liberalizzati, appare in linea con la media degli altri; viceversa, si segnalano risultati negativi per la compensazione degli oneri inerenti il servizio universale, il regime dei titoli abilitativi e l’esenzione Iva.
Cresce, invece, il fattore mercato, grazie appunto all’alienazione di circa un terzo del capitale azionario di Poste.
Nel suo complesso la relazione considera dieci settori dell’economia di tutti i membri dell’Unione Europea. Nel 2016 il grado di liberalizzazione italiano è stato pari a 70 punti su 100, lo stesso esito ottenuto dalla Germania. Hanno fatto di più Regno Unito (94 punti), Spagna (80) e Paesi Bassi (79); fanalini di coda Cipro e Grecia (entrambi a 54).