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editor Fabio Bonacina

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Il significato delle corrispondenze secondo il curatore dell’esposizione “L’Europa in guerra. Tracce del secolo breve”, fino al 6 settembre aperta a Trento

Castello del Buonconsiglio: Piero Delgiudice all’ingresso della mostra
Castello del Buonconsiglio: Piero Delgiudice all’ingresso della mostra

Trieste (ormai chiusa) e Trento (fino al 6 settembre al castello del Buonconsiglio): due mostre con lo stesso titolo, “L’Europa in guerra. Tracce del secolo breve”. Anche se sviluppate in modo parzialmente diverso, offrono un approccio più attento del solito al mondo postale. Dove le lettere, cioè, non rappresentano solo uno “spazio” occupato magari grazie ad un’intestazione accattivante o ad una firma famosa, ma sono individuate e messe nelle teche per il loro contenuto. Dietro, la scelta del curatore, Piero Delgiudice.

Scrittore, giornalista, docente di Storia e letteratura italiana, conta su una significativa attività d’informazione che spazia dall’arte ai Balcani; dirige la collana “Scritture e storia” della casa editrice elvetica Adv. Dal 1989 si occupa di allestire esposizioni.

Come mai l’interesse al settore postale? Esso -spiega in questa intervista a “Vaccari news”- “esplode nella Grande guerra e con l’emigrazione imponente dell’inizio secolo. Milioni di persone debbono comunicare tra loro in situazione di disagio e lontananza estreme. Lo fanno nonostante tutto e nonostante l’analfabetismo che tocca il quaranta per cento circa della popolazione. Non si telefonavano certo. Si scrivevano. Lettere dal fronte. Dalla trincea. Lettere dalle Americhe”.

Oltre a Trieste e Trento, l’ha utilizzato o lo utilizzerà in altri contesti? “Prima di tutto sono utilizzate con e nel libro-catalogo che ha lo stesso titolo della mostra. Le lettere esposte in mostra e in quantità ben maggiore pubblicate nel libro-catalogo poi debbono essere restituite all’Archivio centrale di stato di Roma, sono un prestito. Verranno riproposte presto in libro dallo storico che se ne è occupato, Alessandro Magnifici”.

Rispetto ad altri materiali, come espressioni artistiche o documenti ufficiali, le corrispondenze cosa apportano di originale? “L’innocenza, l’immediatezza e la verità della scrittura in privato. Si scrive a chi di più caro, si confida la propria condizione a chi di fiducia. Molte di queste lettere sono intercettate -sia nella Grande guerra, sia nella migrazione- dalla censura di Stato. E questo ne riprova la rilevanza di verità”.

Vuole illustrare un documento particolarmente significativo che ha trovato? “Difficile scegliere. Ma indico la «Lettera al signor Pandolfo Desiderio» di Camponegara, Venezia, tra le varie lettere in censura pubblicate nel libro-catalogo ed esposte in mostra. Un figlio scrive al padre: «…i soldati ano copato uncolonelo e unmaggiore è uncapitano ferito e poi liano butati infiume isiano masata perche i soldati novolevano dare in trincela…». Tanto efficace di contenuti brutali e normali nella guerra, da essere subito comprensibile e immaginabile il descritto, nonostante un italiano da scrutare con pazienza e sciogliere dal semianalfabetismo. Ecco perché la prediligo nonostante la scelta sia difficile tra tanta drammatizzazione”.

La citata “Lettera al signor Pandolfo Desiderio”, proveniente dall’Archivio centrale di stato (busta 1, fascicolo 7, documento 29); si compone di quattro facciate più la busta. Risale al 20 marzo 1916
La citata “Lettera al signor Pandolfo Desiderio”, proveniente dall’Archivio centrale di stato (busta 1, fascicolo 7, documento 29); si compone di quattro facciate più la busta. Risale al 20 marzo 1916



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