Come raccontato da lettere, cartoline e diari-agende, “l’amore per l’Italia fu durevole e assiduo”: in cinquantacinque anni intraprese cinquantasette viaggi minuziosamente ricostruiti, tra cui quello di nozze con la moglie Pauline de Ahna, tanti “pellegrinaggi” turistici, i numerosi inviti professionali in veste di direttore d’orchestra e compositore chiamato ad assistere alle esecuzioni delle proprie opere.
Protagonista è Richard Strauss (1864-1949): fu il compositore tedesco più in vista e di successo durante la prima metà del Novecento: con il suo teatro musicale suscitò prima scandali e dopo compì una sintesi della cultura europea. A lui è dedicata la mostra “Richard Strauss e l’Italia”, in essere fino al 17 marzo presso la Biblioteca nazionale universitaria di Torino.
“Frutto di un lungo lavoro di ricerca, racconta in modo circostanziato, attraverso documenti e cimeli rarissimi”, il profondo e duraturo rapporto con il Bel Paese. Tale frequentazione -viene spiegato- comincia nel 1886 con un vero e proprio percorso di formazione stimolato dalla lettura di Johann Wolfgang Goethe, ispiratore di uno dei primi capolavori, la fantasia sinfonica “Aus Italien” (“Dall’Italia”).
Ampio spazio è lasciato appunto alla corrispondenza con i compositori e gli intellettuali nazionali dell’epoca, tra i quali Ferruccio Busoni, Alfredo Casella, Gabriele D’Annunzio, Arturo Toscanini, Ermanno Wolf-Ferrari. Di grande rilievo, inoltre, la presenza dei manoscritti musicali. Fra i restanti oggetti, la bacchetta d’argento regalatagli a ventitré anni dalla Società del quartetto di Milano per il debutto come direttore d’orchestra.
Curata -come il catalogo- da Giangiorgio Satragni (coordinamento generale: Simone Solinas), impiega principalmente il materiale messo a disposizione dalla famiglia dell’artista.