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editor Fabio Bonacina

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I tentativi, compiuti mezzo secolo fa, per agevolare lo smistamento della corrispondenza

Un francobollo del Regno Unito con, al retro, le barre di grafite per il riconoscimento
Un francobollo del Regno Unito con, al retro, le barre di grafite per il riconoscimento

“Vari sono i sistemi finora sperimentati per dare la possibilità alle macchine elettroniche, raddrizzatrici delle corrispondenze, di individuare i francobolli apposti in lettere e cartoline, e predisporli in ordine per la successiva bollatura”.

Così scriveva mezzo secolo fa la rivista “Poste e telecomunicazioni”, citando quanto pubblicato da “The post office electrical engineers”. In un crescendo di efficienza e quindi di utilità, ecco, prima, il sistema che si basava sull’analisi ottico-elettronica della superficie cartacea, così da rilevare la differenza di colore tra il francobollo ed il fondo del supporto su cui era applicato. Sistema non scevro da errori ed inconvenienti, provocati -veniva spiegato- dalle diverse tinte delle buste, dal notevole assorbimento dei filtri impiegati, dal tono inadatto di certe cartevalori.

All’epoca (ed i filatelisti specializzati lo sanno perché li hanno in collezione) il Regno Unito sperimentava l’applicazione a tergo degli esemplari di strisce costituite da materiali conduttori o di grafite. Difetti: alto costo, solubilità dei sali metallici per la facile scalfibilità proprio della grafite, deviazioni dei fluissi provocate da spilli o fermagli metallici contenuti nei plichi.

Accantonato anche un altro sistema, che prevedeva l’uso di inchiostri magnetici o di materiali fluorescenti sensibili ai raggi ultravioletti.

Il risultato, però, era vicino, almeno secondo l’epoca: l’uso, nella stampa dei francobolli, di fosfori organici selettivi. Essi permettevano alle macchine di individuare gli esemplari, giudicare la regolare affrancatura, eseguire l’obliterazione. Gli stessi materiali fosforescenti potevano essere utilizzati dagli addetti postali per apporre sulle corrispondenze i codici che avrebbero consentito lo smistamento automatico.

Quest’ultimo sistema venne adottato dalla Germania Federale; i macchinari teutonici di ultima generazione permettevano di lavorare sette lettere al secondo (ossia ventimila all’ora), smistandole, bollandole e ripartendole in base al luogo di destinazione. Prevista una postazione ulteriore, dove gli incaricati, grazie ad una tastiera, imprimevano sui plichi le cifre in codice, indicanti l’avviamento regionale. Esse, poi, erano lette dalle apparecchiature successive che avrebbero portato la singola missiva nel sacco corretto. Il passo seguente sarebbe stato indurre i mittenti ad indicare direttamente il codice, associandolo all’indirizzo…




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