“Custodiamo 300 miliardi di risparmi degli italiani, paghiamo 750 milioni di bollettini all’anno e sette milioni di pensioni. Seguendo sui monitor in tempo reale questo vorticoso giro di denaro può venire la tentazione di sentirsi Paperon de’ Paperoni. Ma in realtà non abbiamo niente. Non sfruttiamo né una miniera né un giacimento. Il nostro business è solo il servizio che diamo: siamo un maxi-negozio in cui ogni giorno devi vendere”.
Così Massimo Sarmi presenta, su “L’espresso” in edicola da domani, il gruppo di cui è amministratore delegato, Poste italiane.
Un vero e proprio viaggio attraverso i servizi attuali, e soprattutto futuri, di quello che oggi rappresenta il più grande datore di lavoro nazionale. Conta infatti 154mila addetti, sempre meno concentrati sulle prestazioni tradizionali (ossia, consegnare lettere e pacchi) e sempre più impegnati nei servizi remunerativi, come bancoposta e soprattutto elettronici. “Abbiamo una rete -dice all’intervistatrice, Paola Pilati- che funziona per decine di milioni di transazioni al giorno”, ma il problema è ora convincere nuovi clienti a utilizzarla. “Così è nata l’idea di diventare operatori telefonici virtuali, e così è nata anche l’offerta all’amministrazione pubblica di diventare la sua anima informatizzata”.
Nell’intervista si parla, fra l’altro, di e-business rivolto alle piccole aziende (il lancio è atteso per settembre) e del già annunciato accordo con Vodafone (i primi risultati si dovrebbero vedere a Natale). E poi di posta, avanzando ancora una volta l’idea di separare il corriere personale da quello commerciale. Quest’ultimo potrebbe -in cambio di uno sconto nelle tariffe -essere recapitato “per esempio in una settimana”. Un ritorno dunque, al tempo in cui stampe, pacchetti e fatture commerciali aperte si differenziavano dalla lettera ordinaria?