Il francobollo, emesso l’1 settembre scorso per il cinquantesimo anniversario dalla fondazione, non è che uno degli aspetti per così dire postali che caratterizzano la Comunità di sant’Egidio. Ben più pregnante è la proposta -da essa sostenuta- “Scrivi a un condannato a morte”.
“Ricevere una lettera è il segno che qualcuno ha a cuore la tua vita”, viene spiegato. “È un legame con il mondo esterno. È la speranza che qualcuno si ricordi di te. Spesso può significare la possibilità di allacciare un’amicizia duratura e sincera, altrimenti impossibile”. Essa “ha un valore enorme sempre, per chi sta in carcere vuol dire collegarsi con il mondo che sta fuori”. Le missive, infatti, “malgrado la censura che spesso subiscono, sono il solo spazio libero nella vita di uomini e donne nei bracci della morte. Ricevere posta è un po’ come allargare le sbarre. Avere qualcuno a cui scrivere scandisce il tempo, che è tutto uguale, apre uno spazio di affetto, aiuta a non perdere la fiducia”.
Secondo i dati in mano al sodalizio, e grazie ad esso, migliaia di reclusi destinati alla pena capitale, ad esempio in Camerun, Stati Uniti, Trinidad e Tobago, Zambia, si interfacciano con altrettanti interlocutori in tutto il mondo.
Naturalmente, si è sempre in cerca di volontari interessati al progetto. Il riferimento cui rivolgersi è Stefania Tallei (info@santegidio.org), specificando in che lingua si preferisce corrispondere.