Lungo tali strade sono transitate persone, merci, informazioni. Ma anche morte, violenza e malattie, idee nei campi più disparati, dalla scienza alla filosofia, senza trascurare le grandi religioni.
Sono le “Vie della seta”, oggetto ora di una nuova politica d’espansione tracciata dalla Cina Popolare e protagonista del saggio “Le vie della seta - Una nuova storia del mondo” (732 pagine, 35,00 euro). A scriverlo, il docente in Storia bizantina all’Università di Oxford Peter Frankopan.
In contrasto con la narrazione dominante che celebra il trionfo politico, culturale e morale dell’Occidente quale artefice e custode della “vera” civiltà, lo specialista -spiegano dalla casa editrice, Mondadori- invita a guardare al passato con occhi diversi e a riconsiderare il ruolo cruciale svolto da popoli e luoghi finora pressoché ignorati o relegati sullo sfondo, ma “in procinto di tornare prepotentemente alla ribalta”. Se infatti nei secoli dell’Età moderna le nuove vie d’acqua che hanno messo in contatto il Vecchio e il Nuovo mondo hanno mutato gli schemi di interazione globale, spostando sull’Europa Occidentale il nodo politico ed economico planetario, oggi risulta sempre più evidente che le cose stanno cambiando. Tra Est ed Ovest non transitano più tessuti, oro, grano, cavalli e schiavi, ma ricchezze minerarie quali petrolio, gas naturale ed altre risorse energetiche.
Le drammatiche turbolenze che negli ultimi decenni hanno scosso l’area intermedia diffondendo decessi e smarrimento “devono essere lette come i segnali dell’imminente ritorno del centro di gravità del mondo in quella che è stata per millenni la sua sede naturale”.