“Solo i più ingenui possono credere che i francobolli siano unicamente la tassa necessaria per portare la nostra posta a destinazione. Solo apparentemente banali, i francobolli sono carichi di significato geografico-politico e, molto spesso, sono simboli prodotti attivamente che vengono impiegati in modo diretto o celato come strumenti in progetti di «nazionalizzazione» di ogni Stato”.
Il concetto non è espresso da un collezionista, ma da John Agnew, che insegna Geografia all’Università della California di Los Angeles. Il professore, che ha scoperto -come lui stesso ammette- le potenzialità del settore per caso, approfondisce le implicazioni in “Fare geografia politica” (Franco Angeli editore, 224 pagine, 22,00 euro).
Settore protagonista di uno dei casi sollevati -precisa l’esperto- per “esplorare alcune questioni di estrema importanza nel mondo contemporaneo”. Intitolato “La filatelia fa girare il mondo”, l’approfondimento riguarda il Nagorno-Karabakh, area a maggioranza armena interna all’Azerbaigian. Da anni produce “cartevalori”, tuttavia la questione è fluida. “Il riconoscimento ufficiale del proprio francobollo da parte dell’Unione postale universale o della venerabile rivista filatelica «Scott’s catalogue» -scrive- è simile al riconoscimento dell’Onu. Di conseguenza, la creazione di un francobollo per i servizi postali, con tutti gli aspetti semiotici che la accompagnano, è un ulteriore mezzo usato dalle aspiranti nazioni per ottenere un riconoscimento di sovranità dalla comunità internazionale”.
Il sistema adottato dalla regione caucasica per introdurre nella rete internazionale missive affrancate con i “francobolli” locali è noto, e ricorda le analoghe situazioni di Cipro Turca e Autorità Palestinese. La posta -conferma John Agnew- è trasportata su ruota lungo strade vertiginose fino in Armenia, “dove poi viene smistata come se fosse posta armena ma senza l’aggiunta di francobolli armeni”. “Questa regione separatista -conclude- ottiene il riconoscimento «de facto» della sua amministrazione postale da parte della comunità internazionale ogni volta che una lettera venga consegnata al di fuori dei suoi confini”.
L’esperto esamina anche la geopolitica italiana del periodo fascista, rispetto a quella germanica considerata “più mediterranea che eurasiatica o globale”. “Con i tedeschi aveva in comune uno stile di presentazione, in particolare l’uso di suggestive cartografie che ponevano le rivendicazioni territoriali italiane in una luce estremamente positiva”. Come ben sanno quanti collezionano interi postali di franchigia militare...