Non solo l’artista viaggiatore in Italia che ha lasciato, soprattutto nel Settecento, intense pagine, trasmettendo, nel “tempo reale” di allora, le proprie impressioni a parenti ed amici rimasti a casa. Testimonianze paragonabili emergono dall’analisi di altri autori, altri contesti ed altri periodi.
È quello che vuole fare la mostra “L’artista viaggiatore da Gauguin a Klee, da Matisse a Ontani - esploratori, cavalieri erranti verso terre lontane”, che il Museo d’arte della città di Ravenna proporrà dal 22 febbraio al 21 giugno.
Se -dice la storica dell’arte Tulliola Sparagni, che ha curato il percorso- non sono state considerate, ma solo per esigenze tecniche, le fonti postali, altri riferimenti potranno probabilmente essere individuati, perché “l’artista viaggiatore coincide con il viaggiatore”. L’allestimento non è tanto basato sulla volontà stilistica, ma spiega come il concetto di diverso sia stato raccontato nei testi e nelle opere. “È l’idea -aggiunge il direttore del Museo, Claudio Spadoni- dell’evasione dalla cultura occidentale per cercare qualcosa di lontano e differente”.
L’esposizione intende presentare gli itinerari di alcuni tra i più significativi artisti che hanno viaggiato e vissuto fuori dall’Europa. Oltremare -ammette il critico Marco Antonio Bazzocchi- “si cerca un nuovo contatto con la natura, si affronta il mistero del primitivo, del selvaggio... si trova anche un modello nuovo di bellezza”.
“In epoca moderna -aggiunge ancora Tulliola Sparagni- ha pesato in modo determinante l’esperienza coloniale”. L’attività degli Stati nei loro rapporti politici, commerciali e militari con il mondo extraeuropeo è stata “insieme motore e sfondo del complesso figurativo dell’Orientalismo prima e del Primitivismo dopo”.
Orientalismo e Primitivismo rappresentano due movimenti artistici che hanno caratterizzato l’arte europea tra Ottocento e Novecento, ma costituiscono anche due chiavi di volta per leggere parecchi francobolli emessi, nello stesso arco di tempo, dalle autorità europee insediatesi in territori lontani.
I temi di vita indigena -ammette Dennis Altman in “Paper ambassadors - The politics of stamps”- erano comuni nelle emissioni coloniali, specialmente tra le due Guerre mondiali. “Non è un caso che questo periodo abbia visto il fiorire dell’antropologia e del fascino da parte degli europei per le «razze selvagge»”.