L’Italia manda i propri aerei a bombardare la Libia e, allo stesso tempo, chiude formalmente i rapporti postali con il Paese situato dall’altra parte del Mediterraneo.
L’annuncio ufficiale è di oggi. “A causa degli eventi bellici e del protrarsi della sospensione dei collegamenti aerei per la Libia -è il sintetico testo- gli invii di corrispondenza prioritaria, ordinaria, registrata e commerciale e di pacchi sono temporaneamente sospesi”. Seguendo così quanto, da tempo, hanno deciso altri operatori.
Per un canale bloccato, un altro rimane attivo e segue i percorsi compiuti dalle “carrette del mare” (anche questa notte, sono stati registrati diversi sbarchi). Canale messo in luce dal quotidiano torinese “La stampa”. “Sono le ultime parole -ha raccontato Laura Anello- che si sono portati dietro prima di salire sui barconi. Le parole-amuleto da tenere addosso quando il mare è grosso, la riva è lontana, il legno fragile e troppo carico. Lacrime di madri, preghiere di sorelle, diari di prigionia, ultimi desideri, formule rituali. Parole degli immigrati vivi e morti. Parole ritrovate nei cimiteri delle barche dai ragazzi di un’associazione di Lampedusa, «Askavusa», che da tre anni recupera scarpe, vestiti, portafogli, pentole, pacchi di cuscus e di tè, libri religiosi e bandiere, Corani, Bibbie, immagini sacre. E lettere. Preziose, nascoste in custodie di plastica a prova di mare, poi avvolte dentro teli, spesso cucite nelle giacche. Arrivano intatte, scolorite dall’acqua, oppure ridotte a una macchia di inchiostro”.