Dopo l’ufficio abusivo individuato a Padova, anche i pagamenti di conto corrente postale possono essere farlocchi? Nella confusione di nomi e servizi innescati dalla liberalizzazione del settore, parrebbe proprio di sì. Almeno a prestar fede a Poste italiane, che sulla questione preannuncia azioni legali.
Il problema -spiegano dall’azienda diretta da Massimo Sarmi- nasce dalla rete di agenzie Citypostepayment, che propone “Quipay”, destinato appunto a far pagare le bollette attraverso il tradizionale sistema. Di recente questo supporto è stato esteso ad alcuni punti vendita della catena Conad, situati in Abruzzo.
Si precisa -prosegue la nota- che tali soggetti “operano in assenza di qualsiasi accordo ed autorizzazione da parte di Poste italiane e che la quietanza rilasciata ai versanti non può in alcun modo ritenersi liberatoria, essendo la liberazione dal debito, in questi casi, totalmente subordinata al successivo accredito delle somme al beneficiario ed alla riconciliazione dei singoli pagamenti da parte di quest’ultimo”. In sostanza, il passaggio in più, cioè il pagamento di Citypostepayment al creditore, non avviene in automatico.
Il saldo può essere effettuato “esclusivamente” sui canali fisici e virtuali di Poste italiane e presso gli interlocutori da questa autorizzati; solo in tali i casi il possesso della ricevuta è per il versante, ai sensi di legge, totalmente liberatorio del debito.
Altro è il discorso avviato tramite banche, Sisal, Lottomatica: sono realtà che hanno stipulato accordi diretti con singoli fatturatori come Enel e Telecom. In detti frangenti, non si tratta del pagamento di bollettini di ccp, ma di un processo di incasso per conto terzi, attuato in virtù di specifiche convenzioni.