La mail proviene, almeno all’apparenza, da “Fbi e Poste italiene”. E persino la comunicazione che vi si legge è in un italiano stentato: non esistendo un testo vero da copiare, è stata scritta appositamente.
Snocciolando dati sulle truffe informatiche degli ultimi tre anni (11mila trasferimenti on-line fraudolenti), molte “da persone provenienti dalla Romania, Albania e mai italiani”, questi ultimi avrebbero perso 74 milioni di euro. Scusandosi per il basso livello di sicurezza, viene annunciato che a partire da una certa data “Poste italiane con l’Fbi e con l’aiuto di Yahoo - Hotmail - Libero - Tiscali e i maggiori mails server d’Italia lavorano per la nostra sicurezza online”.
L’idea è riprendere la recente misura di prevenzione introdotta da Banca intesa, ossia l’“o-key”, un indicatore di codici numerici, ogni volta differenti, per accedere allo sportello elettronico e da aggiungere a quelli, fissi, riguardanti titolare e pin. Invece di avere il piccolo apparecchio generatore di combinazioni (cosa che accade con l’istituto bancario), questo sistema prevedrebbe l’invio della chiave per posta elettronica. Da qui la necessità di digitare i propri dati in un sito clone e, quindi, la truffa, questa volta vera.
Secondo quanto si legge, non vi sarebbero alternative: se non si adotta la pratica indicata, entro pochissimi giorni diverrebbe impossibile accedere ai servizi on-line. Al bastone, come si suole fare, va aggiunta la carota: “se siete stati vittima di una frode è il momento di chiedere un rimborso alla nostra mail: bpol@poste.it”.