“Non rispondeva mai alle lettere. Pile di corrispondenza giacevano ammucchiate su una scrivania”. Il brano è tratto dal “New York times” del 25 gennaio 1944, inserito in una nota che annunciava la morte, avvenuta due giorni prima. Rappresenta uno degli aspetti biografici raccontati nella mostra che Genova propone fino al 27 aprile. È “Edvard Munch”, accolta a palazzo Ducale.
Certo -ma era noto- non vi è una qualsiasi delle versioni de “L’urlo”, se si escludono le riproduzioni di Andy Warhol, con il quale -secondo gli organizzatori- condivideva perlomeno due concetti, ripetizione e quantità. Il vero lavoro dell’artista, quello che egli stesso considerava “degno di essere venduto”, viene sintetizzato negli ottanta quadri esposti, che vanno oltre all’“incidente di percorso”, come viene definito l’intervento più noto. “Sicuramente emblematico -dice il curatore della rassegna, Marc Restellini- ma assai poco rappresentativo dell’insieme della sua opera. La fama eccessiva di questo dipinto ha impedito di cogliere la dimensione autentica e il vero messaggio” che l’artefice ha lasciato.
In ogni caso, è possibile scoprire (nella rassegna o nel catalogo collegato) qualche richiamo presente in francobolli del suo Paese natale, la Norvegia. Ad esempio, l’autoritratto, una litografia del 1895, trasformato in un 25 øre nella serie emessa, per il secolo passato dalla nascita, il 12 dicembre 1963. La stessa riprende pure la xilografia del 1918 “Le ragazze sul ponte”, giunta agli sportelli sotto forma di taglio da 90. Un’ulteriore emissione, risalente al 15 febbraio 2013 e volta a sottolineare il secolo e mezzo, cita fra l’altro la litografia risalente al 1896 “La bambina malata” (figura nel 15,00 corone) ed una seconda del 1895-1902, “Madonna” (17,00), che nel capoluogo ligure, presente in due versioni, rappresenta forse l’attrazione principale.
Otto le sezioni che il visitatore trova: le prime due raccontano le attività giovanili, nate sotto il segno della scuola; poi, vi sono le incisioni; l’impiego del Simbolismo; la parentesi “luminosa”, quando nel 1904 trascorre gran parte dell’inverno a Lubecca presso la famiglia di Max Linde; lʼeremitaggio nella sua tenuta di Ekely; infine, nelle ultime, l’universo femminile.
Alla scomparsa, l’artista lasciò alla città di Oslo lʼintero patrimonio, costituito da circa 1.000 quadri, 18mila stampe, 3mila disegni e acquerelli, 92 quaderni di schizzi, 6 sculture, 143 matrici litografiche e 133 xilografiche, 155 lastre di rame. Senza contare le lettere, le fotografie, i manoscritti (così numerosi che molti non sono stati ancora pubblicati), i ritagli di giornale e la biblioteca. Alla propria scomparsa, avvenuta nel 1952, la sorella Inger donerà altri 15 quadri e tutta la corrispondenza scambiata col fratello. Che, quindi, e contrariamente a quanto scriveva il quotidiano statunitense, alle epistole rispondeva!