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editor Fabio Bonacina

28653 news from 8/3/2003

Ogni Paese manda le proprie emissioni all’Unione postale universale e riceve quelle degli altri. L’esito sono accumulazioni che talvolta risulta difficile conservare e valorizzare. Il caso del Vaticano

Ancora oggi, per ogni francobollo, il Paese emittente deve inviare un certo numero di esemplari all’Unione postale universale affinché questa li distribuisca, poi, tra gli altri membri. L’obiettivo iniziale era far conoscere quali cartevalori fossero ufficiali e in grado di affrancare una spedizione.

Esigenza ora di fatto superata. Ma la fornitura periodica delle novità ha creato due fenomeni opposti: uno è l’occasione, per ogni Stato membro, di avere una collezione mondiale potenzialmente godibile da parte degli interessati. L’altra è la difficoltà a gestire siffatto materiale di anno in anno più abbondante, in quanto richiede spazi, cure e misure di sicurezza.

Non bisogna stupirsi, quindi, delle realtà che stanno cercando strade nuove. Una di esse potrebbe essere il Vaticano, il cui “tesoro”, bizzarramente, ora è gestito da due strutture diverse. Il materiale antecedente al 2020 è in capo a quella che adesso si chiama Commercializzazione filatelica e numismatica, dove dicono “stiamo valutando di valorizzarlo”. Le produzioni più recenti giungono invece al Servizio poste e filatelia che conferma la volontà di conservare quanto pervenuto, “un importante patrimonio oltre che testimonianza della cooperazione postale internazionale”.

Come sono conservati i francobolli giunti dall’Upu all’Italia e gestiti dal Museo storico della comunicazione di Roma (ora chiuso al pubblico)
Come sono conservati i francobolli giunti dall’Upu all’Italia e gestiti dal Museo storico della comunicazione di Roma (ora chiuso al pubblico)



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