La Fondazione “Ugo Bordoni” “gestisce il Museo storico della comunicazione, di proprietà del ministero delle Imprese e del made in Italy, il cui patrimonio è stato dichiarato dal ministero della Cultura di interesse culturale e sottoposto a tutela, ne organizza le attività e ne dispone la piena operatività”. Tra le finalità previste, la diffusione della conoscenza in materia di cultura scientifica in tutte le sue manifestazioni; la conservazione, il reperimento, la valorizzazione e la illustrazione al pubblico, anche in forma attiva ed esemplificativa, delle produzioni materiali e immateriali della scienza, della tecnica e della tecnologia; la collaborazione con le imprese di settore al fine di sviluppare progetti di comune interesse.
Lo si legge nella bozza del decreto-legge telecomunicazioni, ora sui tavoli degli addetti ai lavori e negli ambienti politici. Prevede una spesa massima di 500mila euro annui “al fine di garantire l’assunzione di personale dedicato, la manutenzione delle opere, l’allestimento di mostre tematiche, i costi di manutenzione e hosting del portale web dedicato e l’allestimento di spazio dedicato al merchandising”.
Si vedrà se il disposto potrà essere concretizzato davvero a queste condizioni, sapendo che l’“ingombrante” Museo (basti pensare alla macchina per il corriere pneumatico presente nell’ultima sala) adesso è chiuso ed entro fine anno dovrà lasciare la sede attuale all’Eur per un luogo ancora sconosciuto. Arrivando magari a una Fondazione di certo competente per le telecomunicazioni e adesso per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ma di fatto estranea agli altri settori che caratterizzano il percorso, fra i quali la posta, la filatelia, la marcofilia (guarda caso, nel testo citato manca la parola “storia”).
Non sarebbe meglio, allora, il passaggio al ministero della Cultura, istituzionalmente deputato alla conservazione e alla valorizzazione?