Politica e musica, due mondi apparentemente diversi, ma che possono sostenersi l’un l’altro. Basta citare il “W Verdi” ottocentesco, slogan che in realtà non voleva salutare il “Cigno di Busseto”, ma inneggiare a Vittorio Emanuele re d’Italia. Oppure il “Vola, colomba bianca, vola”, brano interpretato da Nilla Pizzi con cui, negli anni Cinquanta del secolo scorso, si richiamava la questione di Trieste.
Un caso paragonabile è stato celebrato ieri in Estonia con un francobollo da 5,50 corone, equivalenti a 35 eurocent. Valorizza la venticinquesima edizione raggiunta dal “Festival della canzone”, nato 140 anni fa a Tartu, dove si svolse tra il 18 e il 20 giugno.
Il canto -sottolineano agli sportelli postali- è un’espressione dell’identità nazionale, impiegata anche durante le lotte per l’indipendenza, sia ai primi del XX secolo, sia durante l’occupazione sovietica. Non a caso, il periodo tra il 1988 e il 1991, quando il Paese riuscì ad affrancarsi da Mosca, viene definito la “Rivoluzione cantante”. Oggi i festival baltici, compresi quelli estoni, hanno rinomanza internazionale e sono considerati dall’Unesco come patrimonio orale e intangibile dell’umanità.
A proposito dell’intenso 1989, il 30 maggio la Polonia ha ricordato con un foglietto da 3,75 zloty le elezioni del 4 giugno di vent’anni fa, rappresentanti il primo voto libero svoltosi nel Paese dal 1947. Nel francobollo figura Lech Walesa, che sarà presidente della Repubblica dal 1990 al 1995; sui bordi, oltre all’emblema di Solidarnosc, viene citato Tadeusz Mazowiecki, primo ministro dall’agosto 1989 al 1991.