In attesa dei dettagli, Poste italiane -avendo il consiglio di amministrazione approvato il bilancio consolidato ed il progetto di bilancio della capogruppo- ha rivelato il quadro generale con cui ha chiuso il 2013. Che dovrebbe essere l’ultimo prima dell’ingresso sul mercato della società.
Dalla sede parlano di “risultati rilevanti sia pur in uno scenario economico e finanziario caratterizzato da grande incertezza e dal calo strutturale del mercato” tradizionale. In ogni caso, l’azienda “si colloca ancora una volta al primo posto per redditività tra gli operatori postali mondiali, riaffermando la propria reputazione internazionale e affidabilità finanziaria in vista dell’avvio della privatizzazione”.
Nel 2013 i ricavi totali, inclusi i premi assicurativi, si sono attestati a 26 miliardi di euro, cresciuti rispetto al 2012 (24 miliardi), mentre il risultato operativo è lievitato a 1.400 milioni, in aumento dell’1,3% rispetto ai 1.382 precedenti. L’esito è stato raggiunto non certo trasportando lettere e cartoline o vendendo libri, ma facendo leva su altre tipologie di prestazioni, come le finanziarie e le assicurative.
Continuano a pesare -è la frecciata per il Governo- “i significativi oneri” che sostiene in qualità di fornitore del servizio universale “e che, come di consueto, sono remunerati dallo Stato solo parzialmente”.
L’utile prima della decurtazione fiscale è cresciuto a 1.528 milioni (+7,4% rispetto ai 1.423 di dodici mesi prima); il risultato d’esercizio ha chiuso con un utile netto di 1.005 milioni contro i 1.032.
Tra gli elementi sottolineati, il ruolo delle collaborazioni internazionali. Attualmente sono venticinque le relazioni, avviate soprattutto con realtà postali di altri Paesi, in particolare con quelle di Brasile, Cina Popolare e Russia; le materie d’intervento riguardano, ad esempio, telefonia mobile, posta ibrida, e-commerce, piattaforme per le carte di pagamento e gli scambi commerciali nella regione euro-mediterranea.