Fu precisamente nel corso del 1863 che la bella serie, per quanto semplice, dei francobolli di Vittorio Emanuele II venne concepita, accettata e realizzata. Dietro, la ditta De La Rue di Londra, capace di un’edizione “accurata, nitida, finamente eseguita”, con carta buona, consistente e rasa, colori sobri e persistenti al tempo, alla luce ed all’acqua.
Così, un secolo fa, “Il bollettino filatelico”, per mano di Giovanni Rocereto, ricordava il cinquantesimo trascorso dall’emissione.
Intanto, domani scoccherà il secolo e mezzo, poiché i primi esemplari, prodotti oltre la Manica in attesa che a Torino ci si organizzasse adeguatamente, furono resi disponibili l’1 dicembre 1863. Questi i nominali: 1, 5, 10, 15, 30, 40 e 60 centesimi nonché il 2,00 lire. Più avanti, l’1 marzo 1865, arriverà il taglio da 0,02. Risultano stampati su carta filigranata con la corona ed hanno un fondino di sicurezza. E poi, sono dentellati: per l’Italia sostanzialmente una novità, se si escludono i tentativi effettuati l’anno precedente da Francesco Matraire. Tanto è vero che all’inizio, per separarli dal foglio, permase l’abitudine di impiegare le forbici.
La serie -prosegue l’articolo- “durò molti e molti anni e fu usata in ragione geometrica, rispetto ai francobolli passati, perché sedati gli animi dei moti nazionali, ampliate e favorite le ferrovie ed ogni mezzo di ravvicinamento, sentito il bisogno di varcar quei confini che formavano, pochi anni prima, barriera insormontabile, sviluppato maggiormente, col mondo tutto, il commercio, rifiorì il carteggio postale più rigoglioso, facile e potente”.
“Un nuovo Regno deve avere anche un nuovo volto, una propria immagine”, scrive Franco Filanci in “De La Rue - A scuola di carte valori”. E le cartevalori, come le monete, ne rappresentano quella più immediata e diffusa. Il problema del rinnovamento cominciò a porsi con l’inizio delle discussioni riguardanti la riforma postale, poi diventata operativa l’1 gennaio 1863. Deciso, non senza complicazioni, di lasciar da parte il Matraire, che fino a quel momento aveva assicurato il compito, e visto il fallimento dell’operazione concordata con il conte svedese Ambjörn Sparre, il Governo italiano si rivolse all’azienda inglese. Il materiale presentato, la professionalità, le competenze, la disponibilità dimostrata alle diverse esigenze prospettate, convinsero immediatamente il ministro alle Finanze, Quintino Sella, dei vantaggi. Ed il rapporto cominciò, commissionando prima le marche fiscali, poi le cartevalori postali, quindi i macchinari e la necessaria preparazione per procedere in autonomia.
Centocinquant’anni oggi, quindi alla vigilia del debutto, uffici postali e rivendite dovettero compilare una distinta dei vecchi francobolli rimasti nei cassetti, al fine di essere restituiti. Per riuscire nell’obiettivo, le nuove produzioni furono distribuite con discreto anticipo. Così, si verificò anche qualche impiego già a fine novembre. I privati, invece, poterono usare le precedenti sino all’1 gennaio del 1864.