Se Pieve Santo Stefano è la “città del diario”, come annuncia il cartello stradale all’ingresso del paese, a pochi chilometri più a sud vi è quella dell’autobiografia, Anghiari. Confermando il particolare interesse che questa parte dell’Aretino nutre per la parola scritta, postale o meno. Da una parte la Fondazione archivio diaristico nazionale, dall’altra la Libera università dell’autobiografia.
E non stupisce che dietro ad entrambe vi sia la stessa… mano, quella del giornalista Saverio Tutino. Fu lui a fondare nel 1984 la prima e nel 1998, questa volta con il pedagogista Duccio Demetrio, la seconda.
“Tutto quello che viene scritto vuol essere letto”: lo diceva Tutino e lo ricorda ora -in questa intervista a “Vaccari news”- la storica Stefanie Risse. Che, all’interno della struttura di Anghiari, coordina il Circolo di scrittura autobiografica.
“Al contrario di quello che si poteva pensare -prosegue Stefanie Risse- lui considerava il desiderio di comunicare attraverso la scrittura anche per i testi autobiografici, fino a quel momento considerati intimi e personali, quindi scritti solo per se stessi. Chi scrive di sé, scrive per sé, ma non solo: il desiderio di specchiarsi nella propria scrittura è vicino a quello di specchiarsi nello sguardo del lettore, nell’orecchio di chi ascolta. Inoltre, c’è il desiderio umano di comunicare per lasciare traccia di sé, il desiderio di dare rilevanza alla propria esperienza di vita. La Libera università dell’autobiografia è stata creata per venire incontro a tale aspirazione. Attraverso la sua scuola biennale, vari seminari, convegni e numerosi progetti territoriali in tutta l’Italia, diffonde la cultura autobiografica. Sotto la guida di esperti, le persone imparano ad affrontare la scrittura di sé; per il bene di se stessi oppure per quello di terzi”.
Il Circolo di scrittura autobiografica è una delle prime iniziative della Libera università dell’autobiografia… “L’idea mi è venuta nel 1999 per motivare le persone, anche a distanza, a prendere attraverso la corrispondenza epistolare la penna in mano per scrivere -e riflettere- di sé. Il Circolo si presta a tutti coloro che hanno voglia di scrivere, ma non «a vuoto», a tutti quelli che desiderano cogliere gli stimoli che vengono forniti, a quelli che preferiscono decidere da sé quando e dove è arrivato il momento giusto per la scrittura. Ma anche a quanti non possono, per qualsiasi motivo, partecipare ai seminari e ai laboratori che organizziamo ad Anghiari. Vogliamo recuperare le esperienze di vita di persone lontane e diverse tra loro, creando, al tempo stesso, un archivio autobiografico che può essere consultato in modo trasversale, come esempio di storia corale, utilizzabile per pubblicazioni ed iniziative a carattere scientifico, sociale e culturale”.
Com’è organizzato? “Abbiamo scelto di puntare sulla corrispondenza per posta, escludendo quella elettronica, per vari motivi. Uno è che ci rivolgiamo volentieri a persone anziane che spesso non impiegano il pc; un altro è che desideriamo dare valore ad ogni singolo contributo ed evitare spedizioni di… massa. Nel contesto abbiamo privilegiato la scrittura a mano proprio perché, per noi, fa parte delle possibilità personali di espressione che nella società odierna si sta estinguendo; le nuove generazioni non sanno più scrivere in questo modo! Insomma, ci piace la materialità della lettera tradizionale e vogliamo dare un contributo alla sua sopravvivenza. Infatti, raccogliamo anche le buste con i loro francobolli, e in occasioni particolari (ad esempio, al festival della stessa Libera università) le esponiamo come «segno» della nostra iniziativa”.
Ma nei dettagli, come funziona? “Ogni martedì alle ore 17, nella stanza del Circolo di scrittura autobiografica a distanza, ci aspettano sul tavolo due, tre, quattro e a volte più lettere scritte a mano, chiuse. Anche a distanza di anni, l’emozione nell’aprirle non è diminuita. Prendere il plico, guardare il mittente, il timbro, il francobollo; aprire la busta, estrarre i fogli piegati, scorrere le prime righe…”.
E poi? “Già prima di cominciare a decifrare la calligrafia e di entrare nel contenuto, la pagina di apertura ci si presenta come una fisiognomia, cioè aiuta a riconoscere i tratti caratteriali e lo stato d’animo del mittente. Solo in un secondo momento segue la lettura a voce alta. Quindi rispondiamo, ed archiviamo tutto in una cartella personale del mittente. Inoltre, da ogni lettera scegliamo una o due frasi particolarmente interessanti e le pubblichiamo a fine anno in un libricino intitolato «La vita per posta», dedicato a tutti i partecipanti”.
“Finora abbiamo letto oltre 2.350 missive, e non ci siamo stancati mai. Ognuna è diversa, e noi che ascoltiamo condividiamo spesso, quasi sempre, almeno alcuni degli aspetti descritti, nel bene e nel male. Ogni contributo, poi, viene risposto ed archiviato nelle nostra sede”.