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editor Fabio Bonacina

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Doppia mostra dedicata alla giornalista e scrittrice, cento anni fa “una delle figure chiave del sistema culturale italiano”. Entrambe le rassegne chiuderanno il 24 febbraio

Il dipinto “Vista del Concone”, di Ardengo Soffici (alla mostra di Milano)
Il dipinto “Vista del Concone”, di Ardengo Soffici (alla mostra di Milano)

L’occasione per ammirare dal vivo il dipinto di Ardengo Soffici “Campo con pagliaio”, che i filatelisti conoscono per essere stato citato nel 520 lire “Arte italiana” del 15 febbraio 1979. L’olio su tela, presentato come “Vista del Concone”, risale al 1926 circa ed appartiene alla Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma ma, fino al 24 febbraio, è proposto alla mostra di Milano presso il Museo del Novecento, “Margherita Sarfatti. Segni, colori e luci a Milano”.

Nel percorso si aggiungono -di postalmente rilevanti- altri due oli su tela, entrambi dovuti a Pompeo Borra, uno del 1924 ed ora di proprietà del Mart di Rovereto (Trento) denominato “Composizione (Le amiche)”; l’altro, di tre anni successivi, definito “Le amiche” e di norma esposto proprio al Museo del Novecento. Raffigurano tre donne che, in un caso, leggono una missiva e nell’altra sono al tavolo intente a scrivere quella che appare una lettera. Non mancano le testimonianze epistolari e telegrafiche vere, in parte provenienti dall’Archivio “Gian Ferrari”, un fondo che conserva i materiali, ad esempio inviti agli artisti e altre corrispondenze, appartenuti al segretario del comitato direttivo del movimento Novecento, Alberto Salietti.

Una seconda rassegna, collegata, è operativa allo stesso Mart, sempre fino al 24 febbraio. Se la prima punta all’espressione degli anni Venti nel capoluogo lombardo, la restante è più generica, rappresentando la protagonista quale “ambasciatrice dell’arte italiana nel mondo”. S’intitola infatti “Margherita Sarfatti. Il Novecento italiano nel mondo” e valorizza, fra le altre, un’epistola che Gabriele D’Annunzio le scrisse nell’ottobre del 1927; appartiene al fondo Sarfatti, custodito al Mart.

Margherita Grassini (1880-1961) nasce a Venezia in un’importante famiglia ebrea, ma è con il cognome del marito Cesare Sarfatti che si affermerà -spiegano gli organizzatori- così da diventare “una delle figure chiave del sistema culturale italiano”. Giornalista influente, curatrice, intellettuale, dettò la linea della critica dell’arte italiana, dalla fine della Grande guerra ai primi anni Trenta. Con il sostegno ad alcuni artisti, e senza trascurare la partecipazione alla vita culturale, “contribuì, come nessun altro all’epoca, a delineare l’espressione del suo tempo e a scrivere alcuni fondamentali capitoli della storia dell’arte del Novecento”. Arrivò a ricoprire un ruolo di primissimo piano nella politica culturale, grazie anche al sodalizio stretto con Benito Mussolini. Ciononostante, fu costretta a fuggire dall’Italia in seguito alla promulgazione delle leggi razziali, per farvi ritorno nel 1948 in un contesto radicalmente mutato e a lei ormai estraneo.

La lettera scritta da Gabriele D’Annunzio a Margherita Sarfatti nell’ottobre del 1927 (all’esposizione di Rovereto)
La lettera scritta da Gabriele D’Annunzio a Margherita Sarfatti nell’ottobre del 1927 (all’esposizione di Rovereto)



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